Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/298

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292 veronica franco

     100Mal difender da me potrete il fianco,
e stran vi parrá forse, a offenderne uso,
da me vedervi oppresso in terra stanco:
     103cosi talor quell’uom resta deluso,
ch’ingiuria gli altri fuor d’ogui ragione,
non so se per natura, o per mal uso.
     106Vostra di questa rissa è la cagione,
ed a me per difesa e per vendetta
carico d’oppugnarvi ora s’impone.
     109Prendete pur de l’armi omai l’eletta,
ch’io non posso soffrir lunga dimora,
da lo sdegno de l’animo costretta.
     112La spada, che’n man vostra rade e fora,
de la lingua volgar veneziana,
s’a voi piace d’usar, piace a me ancora:
     115e, se volete entrar ne la toscana,
scegliete voi la seria o la burlesca,
ché l’una e l’altra è a me facile e piana.
     118Io ho veduto in lingua selvaghesca
certa fattura vostra molto bella,
simile a la maniera pedantesca:
     121se voi volete usar o questa o quella,
ed aventar, come ne l’altre fate,
di queste in biasmo nostro le quadrella,
     124qual di lor piú vi piace, e voi pigliate,
ché di tutte ad un modo io mi contento,
avendole perciò tutte imparate.
     127Per contrastar con voi con ardimento,
in tutte queste ho molta industria speso:
se bene o male, io stessa mi contento;
     130e ciò sará dagli altri ancora inteso,
e ’l saperete voi, che forse vinto
cadrete, e non vorreste avermi offeso.
     133Ma, prima che si venga in tal procinto,
quasi per far al gioco una levata,
non col ferro tagliente ancora accinto,