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Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/301

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i - terze rime 295

XVII

Della signora Veronica Franca

Sfogo di gelosia contro un suo amante, che ha lodato un’altra donna; ma, poiché ancor gli vuol bene, lo invita a venir presto da lei e gli perdona.

     Questa la tua Veronica ti scrive,
signor ingrato e disleale amante,
di cui sempre in sospetto ella ne vive.
     4A te, perfido, noto è bene in quante
maniere del mio amor ti feci certo,
da me non mai espresse altrui davante.
     7Non niego giá che ’n te non sia gran merto
di senno, di valor, di gentilezza,
e d’arti ingenue, onde sei tanto esperto;
     10ma la mia grazia ancor, la mia bellezza,
quello che ’n se medesma ella si sia,
da molti spirti nobili s’apprezza.
     13Forse ch’è buona in ciò la sorte mia;
e forse ch’io non son priva di quello,
ch’ad arder l’alme volontarie invia:
     16almen non ho d’ogni pietá rubello
il rigido pensieri né, qual tu, il core
in ogni parte insidioso e fello.
     19E pur contra ragion ti porto amore:
quel che tu meco far devresti al dritto,
teco ’l fo a torto, e so ch’è a farlo errore.
     22Tu non m’avresti in tanti giorni scritto,
che star t’avvenne di parlarmi privo,
mostrando esser di ciò mesto ed afflitto,
     25com’io cortesemente ora ti scrivo;
e, se ben certo m’offendesti troppo,
teco legata in dolce nodo vivo,