Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/300

Da Wikisource.
294 veronica franco

     172e spesso avien che ’l mal talento uom mostri,
giovando in quello onde piú nuocer crede:
essempi in me piú d’una volta mostri,
     175sí come in questo caso ancor si vede,
che voi, non v’accorgendo, mi lodate
di quel ch’ai bene ed a la virtú chiede.
     178E, se ben «meretrice» mi chiamate,
o volete inferir ch’io non vi sono,
o che ve n’en tra tali di lodate.
     181Quanto le meretrici hanno di buono,
quanto di grazioso e di gentile,
esprime in me del parlar vostro il suono.
     184Se questo intese il vostro arguto stile,
di non farne romor io son contenta,
e d’inchinarmi a voi devota, umile;
     187ma, perch’al fin de la scrittura, intenta
stando, che voi mi biasimate trovo,
e ciò si tocca e non pur s’argomenta,
     190da questa intenzion io mi rimovo,
e in ogni modo question far voglio,
e partorir lo sdegno ch’entro covo.
     193Apparecchiate pur l’inchiostro e’l foglio,
e fatemi saper senz’altro indugio
quali armi per combatter in man toglio.
     196Voi non avrete incontro a me rifugio,
ch’a tutte prove sono apparecchiata,
e impazientemente a l’opra indugio:
     199o la favella giornalmente usata,
o qual vi piace idioma prendete,
che ’n tutti quanti sono essercitata;
     202e, se voi poi non mi risponderete,
di me dirò che gran paura abbiate,
se ben cosí valente vi tenete.
     205Ma, perché alquanto manco dubitiate,
son contenta di far con voi la pace,
pur ch’una volta meco vi proviate:
     208fate voi quel, che piú vi giova e piace.