Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/124

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— Davvero? voi suonate anche? ma sapete dunque proprio tutto!

— Anche la tua parte, oca! — intervenne Folco Ardenza.

Adesso le tre donne si scioglievano dai veli e dalle pellicce mentre gli uomini interrogavano Ugo:

— Ma dov’è dunque questo Noris?

— Viene subito: un momento di pazienza.

— E un po’ di fuoco non c’è?

— E da bere?

Ugo non udiva più, intento adesso a contemplare le belle farfalle uscite dalla crisalide:

Ughetta sottile e non troppo alta ma deliziosa fra tutte col suo visetto color d’avorio divorato tutto dai grandi occhi verdognoli che una generosa ombreggiatura di kohl sapientemente distribuita faceva ancora più enormi, immensi e pieni di bagliori; Marinka alta e formosa, col largo viso sensuale incoronato da un elmo di capelli neri e crespi allentati un poco dietro il collo grasso bianco e nudo con un contrasto che Lorenzo Rolla doveva trovare irresistibile poichè non staccava un istante i suoi occhi dal viso della ragazza.

— Se ti vedesse tua moglie, te la dà lei la donna cannone! — pensò Ugo.

Non gli piaceva la Marinka. Invece, ’trovava deliziosa Ughetta, così sottile ed elegante nell’attillata veste di velluto viola bordata di pelliccia, sotto la linea breve del berretto di chinchilla. Anche Minerva Fabbri — snella, nervosa, altera, piccola testa dal profilo leggermente aquilino sempre eretta come una sfida — gli piaceva, ma a un altro modo, dove entrava più soggezione che suggestione, come per qualche cosa di troppo alto e di irraggiungibile.

Adesso, Minerva Fabbri osservava curiosamente certe pelli di leopardo e di pantera buttate con profusione sul pavimento come tappeti in una bizzarra confusione con altri magnifici tappeti autenticamente orientali dalle calde tinte inimitabili.