Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/135

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re, di restare, di ritornare senza essere vincolato da obbligo alcuno.

— Se non è che questo, c’intenderemo.

— In che modo?

— Voi mi darete lezione quando vi accomoderà: tutti i giorni quando vorrete, o una volta al mese quando vi garberà di non volare.

— Vi ringrazio. Sareste davvero l’allieva ideale, ma io non posso permettermi di trattenervi chissà quanto tempo in paesi da lupi come questi che sono intorno in attesa che a me accomodi di darvi delle lezioni.

— E chi vi dice che io mi stabilirò qui?

— Ah!

— Io starò a Genova, caro Noris, perchè sono una creatura di febbre e di rumore, perchè ho bisogno d’aver sempre una quantità di gente intorno a me, di dormire tutta una giornata se mi garba e di stare alzata tre notti di seguito ubbriacandomi di fumo e di spuma di champagne, come abbiamo fatto stanotte coi vostri amici. Ma tutto questo uon vi riguarda. Volevo soltanto togliervi ogni scrupolo riguardo a una mia eventuale permanenza qui. Io me ne starò a Genova, caro signor Noris, e verrò quassù soltanto quando a voi piacerà di ricevermi.

— E come lo saprete?

— Non avete il telefono, qui?

— No.

— Ah! questo è un guaio. Perchè non avete il telefono?

— Per essere seccato il meno possibile, — spiegò Ugo.

— Per questo?

— Forse, — confermò Noris sorridendo.

— Ma ci sarà pure un telefono in paese.

— In paese, sì.

— Benissimo. Allora, io vi telefonerei tutte le mattine alle dieci precise. Vi disturba troppo mandare a quell’ora uno dei vostri uomini in paese, coll’incarico di dirmi se voi potete ricevermi nel pomeriggio?