Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/178

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Per sua fortuna, gli avvenimenti lo favorivano. Egli non si trovava in un periodo vuoto della sua vita. Il grande progetto pensato con fervore e perseguito con audacia, era vicino a venir tradotto in realtà. A Cassano avrebbe trovato Giorgio Dauro, il suo amico ingegnere che aveva accettato di diventare suo collaboratore e che aveva studiato la traduzione pratica della sua idea. Si sarebbe sprofondato nel lavoro così da assorbire tutte le sue facoltà e forse sarebbe riuscito a dimenticane.

Ma per il momento, almeno, i suoi propositi dovevano subire una modificazione.

Quando giunse a Cassano, dopo otto giorni d’assenza, Giorgio Dauro non c’era e non c’era nemmeno Ugo. Tripoletta che era sola e che dopo tanti giorni di ansia ridiventava felice vedendo tornare il «Sidi», gli spiegò:

— Ugo è andato a Genova stamattina e l’altro signore venuto a cercare te, «Sidi», ripartito anche subito, appena venuto.

— Ripartito? E perchè?

— Io non so, «Sidi», ma lui ha lasciato lettera per te dove forse dice.

— E dov’è questa lettera?

— Ugo l’ha presa e messa in tasca.

— Benone. E non t’ha detto, Ugo, quando sarebbe tornato?

— Questa sera, «Sidi». Lui, torna sempre alla sera.

— Vuol dire che se n’è andato a Genova tutti i giorni?

— Tutti i giorni, «Sidi», e io ero molto contenta.

Noris dovette attendere fino a sera per conoscere il contenuto della lettera lasciatagli dall’ingegner Dauro; gli scriveva che vista la sua assenza, egli ne approfittava per accettare l’invito del marchese Gentili e recarsi alla «Casa mattutina».

— Perchè non verresti tu pure lassù per qualche giorno? — aggiungeva la lettera. — Il marchese è tuo buon amico come mio e l’invito che