Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/227

Da Wikisource.

— 221 —


— Avevate paura che mi dispiacesse?

— Sì.

— Perchè volevate che mi dispiacesse? L’intenzione di questa gente era tutta di farmi onore.

— Questo sì, — convenne Noris sorridendo.

Sorrise anche Minerva.

— Sono lieta — disse — di constatare che neppure voi vi siete seccato.

— Lo sono stato un poco, ma unicamente per voi.

— Curioso! eravamo preoccupati reciprocamente l’uno per l’altro. Io vi ho visto subito colla vostra ruga corrusca fra gli occhi. E ho sentito la vostra ira coinvolgere me pure.

— Così terribile mi supponete?

— No, ma so che voi non permettete a nessuno insinuazioni di questo genere.

— E neppure voi, vero?

— Neppure io, — fece breve Minerva.

Regnò un breve silenzio d’imbarazzo fra i due.

— Mi spiacerebbe soltanto che quella rivista giungesse in Italia, — disse a un tratto la fanciulla.

Noris fu pronto a chiedere:

— Volete che imponga una smentita?

— Ma vi pare? Sarebbe peggio. Eppoi, non è per me che mi spiacerebbe.

— E per chi dunque?

— Ma! per gli amici vostri, per le amiche, anche.... Non tutte le donne sono corazzate come me....

— Sì, — convenne Noris, — voi siete, sotto questo rapporto, l’ideale. Ma forse siete un uomo mancato, voi....

— Lo credete proprio? — chiese Minerva Fabbri con una voce strana e una più strana espressione del viso.

— Sì, lo credo.

Gli rispose soltanto un bizzarro sorriso della fanciulla.

Poi, ella riprese la rivista che aveva nascosto all’entrare di Noris, la sfogliò, la tenne aperta alla pagina dove figurava il suo ritratto e disse: