Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/237

Da Wikisource.

— 231 —


— Io so quello che tutti dicono.

— Tutti chi?

— Gli amici vostri e nostri.

— Anche Noris?

— Noris non parla mai di queste cose, ma so che vi stima al disopra di tutte le altre donne.

Un po’ amara, Minerva osservò:

— Credo che egli ci stimi un po’ tutto allo stesso modo. Non si accorge di noi.

Ugo la guardò, sorpreso che la orgogliosissima si mettesse con tutte le altre.

— Bisogna distinguere, — egli disse. — Noris vi mette a parte di tutte le altre donne nel suo concetto, ma forse appunto perchè voi siete così dissimile da tutte le altre! Non so, non sembrate una donna. Siete così forte e così fredda. Anche io, che pure sono così diverso da Noris, ho imparato a considerarvi solamente come un collega.

Minerva Fabbri ritrovò il suo orgoglio per rispondere:

— Voi mi considerate soltanto quello che io vi permetto di considerarmi.

Subito confuso da quel tono e da quelle parole, Ugo domandò umile:

— Vi ho offesa?

Ma la fanciulla si era già pentita del suo scatto. Gli stese la mano e gli sorrise.

— Scendete a tener compagnia alla vostra bella milionaria, — disse. — e quando Noris sarà tornato avvertitemi, vi prego. A proposito, — soggiunse, — dove riceverà la signora, il nostro illustre amico?

— Ma laggiù dove si trova adesso, suppongo.

— Nella sala di lettura?

— Già.

— E se vi fosse gente?

— Allora, probabilmente, nel giardino d’inverno.

— Non credete che la farà piuttosto salire nel suo salotto particolare?

— Sicuramente no. Anche le altre le ha ricevute laggiù.