Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/238

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— Le altre? ve ne sono state delle altre?

— Non lo sapete? Ma è dal primo giorno del suo arrivo che lo assediano! Io, ormai, non ci faccio più caso perchè è sempre stato così. Sotto questo aspetto, tutto il mondo è paese, compresa l’America. Ma i primi tempi, quando non sapevo, quanta meraviglia e quali risate!

— E Noris?

— Oh, lui non ci ha mai fatto caso. Le chiama esaltate....

— Ha ragione.

— Senza dubbio. Qui, gli saranno arrivate cinquecento lettere di donne. Ne volete leggere qualcuna?

Ne arrivano continuamente.

— E Noris le legge?

— Gli leggo io le più interessanti.

— Siete un vero segretario galante! — osservò Minerva sorridendo.

— Sì. Mi diverto. E posso farlo perchè Noris non approfitta mai dei miei servizi.

— Lo sappiamo. Ora scendete, Ugo.

— Non volete vedere qualcuna di quelle lettere?

— No, grazie.

— Peccato! Ci si divertiva insieme!

— Oggi debbo far le valigie.

— Dirò a Noris che vi proibisca di partire.

— Voi non gli direte nulla, Ugo, anche perchè sarebbe inutile. Piuttosto, vi prego, non dimenticate di avvertirmi quando Noris sarà tornato.

Ugo promise, ma quando, dopo mezz’ora, tornò su nella stanza della Fabbri per informarla che Noris era rientrato all’albergo e stava discorrendo, giù nella sala di lettura, colla sua bella ammiratrice, non trovò più la sua giovane amica.

Minerva non aveva potuto vincere il desiderio un po’ puerile di scendere e trovarsi un posto donde poter vedere Noris senza esserne veduta e assistere, inosservata, al suo colloquio colla bella ignota. Aveva trovato un rifugio in un angolo dello hall che la fantasia del direttore dell’albergo aveva mutato in una improv-