Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/248

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ra spezzato per lo strazio d’avermi creduto perduto.

Aveva terminato con un tremito nella voce, tanto vivo era ancora nel suo ricordo il pensiero dell’adorata.

E fu quella sorpresa commozione che parlava d’un sentimento ancora vivo, ancora forte e invincibile che improvvisa scatenò la tempesta nell’anima di Minerva Fabbri.

Con una fredda voce dove il rancore, la ribellione e l’inconscia gelosia diventavano cattiveria e ironia, ella disse:

— E così, una rottura d’aneurisma è diventata la tragedia di tutta una vita.

— Oh! — fece Noris sorpreso e dalle cattive parole e più dall’espressione colla quale la fanciulla le aveva pronunziate, — oh, come non potete comprendere!

— Scusate, — proseguì la fanciulla, — non vorrete già sostenere che se quella poveretta avesse avuto il cuore sano sarebbe morta per la commozione di veder oscillare il vostro apparecchio? era ammalata, o il colpo di grazia le è venuto da quella commozione come avrebbe potuto venirle da qualsiasi altra causa. Se non fosse morta per il vostro volo, avrebbe avuto il cuore schiantato, che so io! da uno spavento, da uno sforzo, magari dalla fatica di salire una scala!

— Tacete, tacete! — supplicò Noris.

Era sbalordito e si sentiva soffocare. Le parole della Fabbri gli parevano una profanazione ignobile della sua diletta. Egli si pentiva d’averne parlato coll’amica, d’aver sollevato il velo del suo mistero sempre così golosamente custodito, d’essersi abbandonato in confidenze perfettamente inutili.

Perchè, perchè aveva parlato?

Anche, lo stupiva la durezza della Fabbri come la rivelazione d’una cattiveria non mai sospettata in lei. Come diversamente aveva accolto la sua confidenza quella povera Susanna che adesso riposava nel cimitero di Brescia! Che c’e-