Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/276

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— È vero, — osservò Noris sorpreso, — voi siete più giovane di Paolina e sembrate tanto più donna? La vostra figura è così definita e plasticamente e moralmente, che pare voi abbiate già raggiunto la pienezza della vita.

— Sembro vecchia, insomma, — fece Minerva con amarezza.

— Non dite eresie. Siete una creatura, a parte, voi. Non è possibile giudicarvi coi criteri comuni. Siete fuori di qualsiasi termine di confronto. Io vi confesso che non ho mai pensato ai vostri anni, come raramente mi avviene di ricordarmi del vostro sesso.

— Grazie. Non è un complimento che mi fate.

— Perchè? una donna come voi dovrebbe, invece, esserne lusingata.

Minerva tacque. Per un momento il dialogo fu sospeso e solo il rombo del motore accompagnò il fragore della macchina lanciata a tutto velocità sull’erta del colle. Ettore Noris pensava adesso alla strana vita, che quella giovanissima creatura così pericolosa e così sola conduceva, chiedendosi se esistesse una parola che spiegasse il segreto di quella esistenza e quale fosse quella parola.

La vita apparentemente spregiudicato di Minerva Fabbri gli ora noto come gli erano note la sua saggezza e la sua invulnerabilità ed egli pensava da che cosa provenissero entrambe, se da una frigidità che non costituiva una virtù del suo disdegno altero o forse, invece, da una precocissima e altrettanto amara esperienza della vita.

Comunque fosse, era cosa singolarissima che quella esistenza apparentemente intensa e vuoto intimamente potesse bastare a una fanciulla. Non aveva ella adunque nessuno da amare, non un parente non un amico non un amante, oppure era refrattaria all’amore?

Risolvette d’indagare il mistero di quell’anima d’eccezione. Non gli mancava il pretesto: Dauro.

— Dunque, — interrogò dopo un silenzio lun-