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allora, non rimanendogli che la sola sua virtù sostanziale, la cordialità, l’amore generale dell’Uomo, dell’Umanità, il sentimento della libertà, la «Coscienza».

Il Cristianesimo raggiunse così il termine della sua evoluzione, perchè si è denudato, è diventato arido, atrofizzato, vuoto. Il cuore ora non si sottometterà più ad alcun contenuto, ribellandosi a tutto, a meno che il caso non lo sorprenda inconsciamente. Esso sottopone a una critica severissima, con crudeltà mortale, tutto ciò che pretende commuoverlo; esso non ha più alcuna pietà e non usa più alcun riguardo, non essendo più capace nè d’amicizia nè d’amore. Infatti, che cosa potrebbe amare negli uomini, dacchè tutti sono degli «egoisti», e nessuno è veramente l’Uomo, il puro Spirito? Il Cristiano non ama che lo spirito; ma dov’è il puro spirito?

Amare l’uomo corporeo, in carne ed ossa, non sarebbe più un amore «spirituale», bensì un tradimento verso l’amore «puro», l’«interesse teorico». Non bisogna infatti confondere con l’amore puro quella cordialità che stringe amichevolmente la mano ad ognuno; perchè è invece precisamente il contrario; non essendo l’amore puro cordiale con nessuno; esso non è che una simpatia teorica, un interesse per l’uomo come uomo e non come persona. La persona respinge questo amore, perchè essa è egoista, perchè essa non è l’Uomo, cioè l’idea alla quale solo può attaccarsi l’interesse teorico. Gli uomini, come voi ed io, non forniscono all’amor puro, alla pura teoria, che un soggetto di critica, di scherno e di profondo disprezzo; sono per esso, come per i preti fanatici, null’altro che «immondizie» e peggio ancora.

Giunti a questa prima sommità dell’amore disinteressato, dobbiamo accorgerci che questo Spirito, al quale si rivolge l’amore esclusivo del Cristianesimo, non è nulla — o non esiste o è un’esca.

Quello che, in questo riassunto, potrebbe ancora apparire oscuro e poco intelligibile, si schiarirà, speriamo, in seguito.

Accettiamo l’eredità che ci hanno legata gli Antichi e, da operai laboriosi, cerchiamo di ricavarne quello che se ne può ricavare. La terra giace ai nostri piedi disprezzata, molto al di sotto di noie del nostro cielo; le sue possenti