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braccia non ci stringono più; noi abbiamo dimenticato il suo soffio inebriante; essa non può più essere che la seduttrice che soggioga i nostri sensi; il nostro spirito — e noi in verità non siamo che spirito — non saprebbe più ingannarlo. Una volta riuscito alla conoscenza delle cose, lo spirito, sciolto dai lacci che lo tenevano avvinto, si eleva al di sopra di esse, ed aleggia, liberamente, nell’infinito. Così parla la «libertà spirituale».

Per lo spirito, che dopo lunghe fatiche riuscì a sottrarsi alla schiavitù del mondo, che rinnegò la materia e il mondo, non rimane più che lo Spirito e lo spirituale.

Tuttavia, benchè diventato essenzialmente differente e indipendente dal mondo, lo spirito non ha fatto che allontanarsene, senza potere in realtà annientarlo: perciò questo mondo gli oppone, dal fondo del discredito in cui è caduto, degli ostacoli ininterrottamente rinascenti; e lo Spirito è condannato a trascinare perpetuamente il melanconico desiderio di spiritualizzare il mondo, di «redimerlo»; e con entusiastico ardimento giovanile, formula desideri di redenzione, progetti di miglioramenti e di riforme.

Come abbiamo veduto, gli Antichi erano schiavi del naturale, del terrestre; essi s’inchinavano all’ordine naturale delle cose, ma si chiedevano continuamente, se non potevano trovare alcun mezzo per liberarsi da tale servitù; ed allorchè furono esauriti in tentativi mortali di rivolta incessantemente rinnovellati, dal loro ultimo sospiro nacque Dio, il «vincitore del mondo». Tutta l’attività del loro pensiero era rivolta verso la coscienza del mondo, e si svolgeva in un ininterrotto sforzo per penetrarlo e oltrepassarlo. Quale fu lo scopo che il pensiero si era prefisso durante i secoli che susseguirono? Che cosa cercavano di penetrare i Moderni? I misteri del mondo? No, perchè questo compito era già stato assolto dagli Antichi; bensì il mistero di Dio che questi avevano loro legato, del Dio «che è spirito», di tutto ciò che appartiene allo spirito, dello spirituale.

Inattività dello spirito che esplora anche le «profondità stesse della divinità» si chiama Teologia.

Se gli antichi non hanno prodotto che una Cosmologia, i Moderni non oltrepassano nè oltrepasseranno mai la Teologia.