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La chiave entrò senza fatica, la porta girò sui cardini ed un odore orribile ci prese subito alla gola... Dopo il primo movimento di repulsione, entrammo bravamente. Un’occhiata sommaria: la cappella è piccola: ci si soffoca.

— Quante casse restano? — chiese Van Helsing.

I cofani erano allineati contro il muro. Ne rimanevano ventinove.

A un tratto, Lord Godalming si volse indietro, a guardare verso la porta. Seguii la direzione del suo sguardo ed il mio cuore cessò di battere. Nel corridoio s’incorniciava nella porta un’orrenda visione: il naso prominente, gli occhi rossi, il pallore estremo del viso del Conte. Ma l’apparizione svanì tosto:

— Non è che un giuoco di luce — disse Godalming.

Poco convinto, uscii nel corridoio; alla luce della mia lampadina, frugai i minimi cantucci. I muri sono grossi e lisci. Da dove è entrato? Eppure non credo d’aver sognato.

Fu allora che Morris attirò la nostra attenzione verso un punto fosforescente. Repentinamente tutta la cappella si riempì di topi. Quell’inaspettata invasione ci disorientò. Soltanto Godalming serbò la sua presenza di spirito. Si avventò verso la grande porta di quercia che, in fondo alla cappella, dava sul giardino: la spalancò e portò alle labbra un fischietto d’argento. Gli rispose un abbaiare che veniva dall’asilo e in pochi secondi tre fox-terriers accorrevano.

I topi si moltiplicavano talmente che le loro schiene bigie formavano un suolo mobile. I cani si fermarono sulla soglia della porta abbaiando