Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
dracula | 193 |
Sul far della sera eravamo sfiniti dalla stanchezza. Nevica sempre. Il Professore scelse una specie di caverna formata dal riavvicinamento di due roccie. Spiegò e stese a terra le coperte.
— Adagiatevi — disse. — Veglierò io. Se i lupi s’avvicinano, saprò difendervi.
Mi provai a mangiare, per fargli piacere; ma invano. Qualunque cibo mi fa orrore. Van Helsing interrogò l’orizzonte con la scorta del suo binoccolo.
— Guardate! Guardate! — esclamò.
Mi tese il binoccolo, indicandomi una certa direzione. Dalla roccia su cui eravamo, si scorgeva tutta la campagna, lontano. Proprio di fronte a noi, a molta distanza, s’avanzava un gruppo di cavalieri scortanti una specie di carro che sobbalzava da destra a sinistra per le ineguaglianze del terreno. Dai vestiti, riconobbi dei paesani slovacchi, zingari. Sul carro, una lunga cassa.
Il cuore mi balzò in petto: eravamo presso alla meta. Ma la sera cadeva e sapevo che col tramonto il Mostro avrebbe ripreso la propria libertà arrischiando di sfuggirci. Mi volsi verso il professore. Era saltato giù dalla roccia e vi tracciava un gran cerchio intorno.
— Sì, sarete al sicuro — disse.
Mi riprese dalle mani il binoccolo e se lo portò agli occhi.
— Sferzano i cavalli continuamente. Visibilmente, vogliono giungere prima del tramonto.
Una nuova tempesta di neve ci acciecò.
— Guardate! guardate! — esclamò ancora Van Helsing quando il nevischio si fu dissipato. Due