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cinque e le sei di sera, mi misi in cerca d’un libro. Apersi una porta e mi trovai in una biblioteca. Là, con mia grande gioia, scopersi una quantità di libri inglesi, di riviste e giornali rilegati. Sopra un tavolo, nel centro del locale, altre riviste inglesi ma molto antiche.

C’erano le opere più svariate riguardanti la politica, la storia, la geografia, la botanica, la geologia, il diritto inglese e fino il Bottin inglese.

Il Conte entrò in quel momento e amichevolmente m’augurò il buongiorno.

— Sono contento che abbiate scoperto la biblioteca, vi troverete di che interessarvi. Questi amici — disse posando la mano sopra i suoi vecchi libri — mi sono stati di grande aiuto. Attraverso loro, ho imparato a conoscere ed amare il vostro paese. Ma non parlo ancora correntemente la vostra lingua.

Protestai sinceramente.

— No, no — disse — a Londra vedrebbero bene che sono uno straniero, un boiardo! Spero che vorrete fermarvi qualche tempo con me affinchè io possa perfezionarmi nella lingua inglese prima di prendere possesso della terra che il vostro principale, Pietro Hawkins, m’ha ben voluto comperare nei dintorni di Londra.

— Volentierissimo.

Lo pregai d’autorizzarmi a venire qualche volta ad insediarmi in quella biblioteca.

— Potete circolare a piacer vostro nel castello, tranne, beninteso, là dove le porte sono chiuse a chiave. Siamo in Transilvania, sapete, e molte cose forse vi stupiranno — aggiunse vedendo la mia aria di meraviglia.

Incoraggiato dalla sua franchezza, gli chiesi