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che questo, che, per essere uno dei più arditi, non cessa di essere forse di tutti il più monotono. Ma sovrabbondante compenso alla monotonia della salita è la vista dell’Ortlerspitz che si presenta come per incanto a chi raggiunge la sommità del giogo. Vi assicuro che l’Ortlerspitz, per la maestà della scena, per quella specie di grandiosa armonia caratteristica dei colossi alpini, non ha nulla da invidiare nè al monte Rosa nè alla Jungfrau nè al monte Bianco. Se poi voleste, come ho fatto io, dalla quarta cantoniera dello Stelvio discendere a Santa Maria, quindi a Münster, poi, passando sui confini del Tirolo, salire al passo del Taufersberg donde la stessa sorgente versa le acque tanto all’Adriatico, quanto al mar Nero, e discendere per la valle di Scarla fino a Tarasp, il più pittoresco villaggio dell’Engadina; avreste percorsa una delle più stupende come delle più ignote regioni delle Alpi, e ultimato il giro di tutto il paese, che nel senso più largo della parola, può indicarsi col nome di dintorni di Santa Caterina. Ma quando, col pagare cinque franchi per tre tazze di caffè nero, precisamente al nuovissimo albergo della cura di Tarasp, cominciate ad assaggiare quella serie di alberghi svizzeri che vi rimandano dall’uno all’altro, facendovi fare il giro delle Alpi come Attilio Regolo il giro della sua botte, quegli alberghi ove vi sentite piccino piccino in faccia a qualunque mascalzone in guanti bianchi il quale, aveste un cervello pesante come quel di Giove, avanti la famosa martellata che ne trasse Minerva, non sa valutarvi che per quanto pesa la vostra borsa, la poesia comincia a far fagotto da’ regni che sarebbero i suoi. Quando più fra quei sublimi dirupi voi dovete attendere, più che ad altro, a schivare gli strascichi di seta; quando, in luogo di incontrarvi con lesti viaggiatori col sacco in spalla, adusti e pieni d’entusiasmo, vi abbattete in una compagnia che direbbesi uscire piena di sonno dal teatro, con tutti gli apparati di un vasto S. Michele; quando viaggiate continuamente in mezzo ad una folla senza entusiasmo, che trova già tutte le sue emozioni obbligate, stereotipate sulla sua Guida con altrettanti punti di esclamazione; quando trovate gli alpestri villaggi convertiti in molli, lussureggianti bazar, o in convegni di gente melensa e corrotta; vi viene voglia di dire che di vetrine con merletti e parrucche, di strascichi e di crinoline, come di gente annojata, ne trovate abbastanza sul corso Vittorio Emanuele, senza andarli a cercare sulle vette delle Alpi. Capisco di essere in ciò un tantino irragionevole: ma che volete? la natura è anch’essa