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il lago maggiore 123

col capo allo sportello, rinfrescato dalla brezza che mi arruffava i capelli, tenevo lo sguardo fisso a settentrione sulle nostre Prealpi, e vedevo passarmele davanti in rassegna, quasi un esercito di giganti. Primo il mio Resegone colle creste dentate; poi le due Grigne slanciate verso il cielo a foggia di piramidi; poi l’acuto Bisbino, e dietro a lui il massiccio Generoso; poscia il gran dente del Poncione di Ganna, e in ultimo il Campo de’ Fiori, che digrada con una serie di colli fino alla sponda del lago Maggiore. Allora, volgendo lo sguardo a occidente, vedevo spiegarmivisi davanti, quasi una tela sullo sfondo di un palco fantastico, le Alpi, colle creste eternamente candide, dominate dal monte Rosa, che teneva rivolta all’Italia la sua fronte spaziosa, colle sue nevi prima porporine, poi bianche di abbagliante splendore. Attraverso, come di volo, le ridenti colline di Gallarate; sono al Ticino, e passatolo sul ponte che cupo sono, eccomi, dopo brevi istanti, ad Arona. Arona!... Si può egli vedere niente di più bello?

Laghi, perenni fonti, aure beate1.

» Come è vago in ogni canto questo giardino d’Italia! Con che ebbrezza salimmo sul piroscafo che ci doveva portare sulle onde di quell’incantevole bacino! e quando udimmo il tonfo misurato delle ruote e vedemmo allontanarsi la sponda, quasi per ispiegar meglio ai nostri sguardi i suoi incanti, fu un momento delizioso.

» Tu guardi a destra e l’ameno borgo di Angera si specchia nel lago e gli sorge a tergo una ignuda rupe, sviscerata dai cavatori di marmo carnicino2, che lavorano quasi sospesi nell’aria. La Rocca corona il dirupo colle sue mura severe e pittoresche colle sue torri ancora quasi intatte; e dietro la Rocca si slancia l’aereo monte S. Quirico, che leva il rosso cucuzzolo di porfido da una verde collana di colli, di cui l’hanno cinto gli antichi ghiacciai col frutto delle loro rapine3. A sinistra Arona che si guarda allo stesso specchio della minore sorella, e dietro Arona

  1. Giusti, Il sospiro dell’anima.
  2. Il marmo di cui si parla è noto sotto il nome di pietra d’Angera: fu impiegato nell’edilizia della città di Milano. N’è interamente costrutta la facciata della vecchia cassa di Risparmio in via S. Paolo.
  3. Le colline di Gallarate, di Angera, ecc., sono riconosciute dai geologi come morene dell’antico ghiacciajo, che discendeva dalle Alpi per la valle del Ticino, e riempiva tutto il lago Maggiore. La collina semicircolare che cinge a nord il monte S. Quirico è citata dai geologi come tipo di morena d’ostacolo, formata cioè dal detrito glaciale che veniva arrestato dalla montagna, la quale figurava allora come un’isola sorgente dal ghiacciajo.