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46 CAPO III.

fole sopravvissero alla perdita degli scrittori, e furono indi appresso rispettate per cieca venerazione al greco sapere.

Roma, più intenta a meritare che a scrivere istorie, non ebbe arti proprie, nè altra istruzione che di lettere e discipline etrusche ne’ primi secoli. Ma non sì tosto i vincitori dilatarono il dominio verso la bassa Italia, intorno al principio del quinto secolo, crebbe ne’ loro petti anche la brama di dirozzarsi per ogni sorte di studi liberali. Al loro ingresso trionfale in quelle provincie, molto tempo innanzi occupate e ingentilite da greche colonie, vi trovarono già confermata per tutto l’influenza dello spirito greco, principiando dalla Campania fino al mare siciliano. Quivi i conquistatori, che tenean sì la forza, ma non animo adorno, tirati da nuovi bisogni riceverono veramente dagl’Italioti il primo insegnamento dell’arti elleniche, perciocché Roma guerriera non aveva avuto insino allora commercio certo con la Grecia d’oltre mare, nè forse appena notizia del nome dei Greci1. Poste

  1. Il nome di Roma era noto appena in Grecia innanzi d’Alessandro (Ios. Flav. adv. Apion. I. 4). Teopompo, contemporaneo di Filippo, era stato il primo che ne avesse fatto menzione, narrando l’impresa de’ Galli (Plin. III. 5). Ebbe Aristotile notizie di Roma; ma Teofrasto, che scriveva verso l’anno 440, dice Plinio (l.c.): primus externorum aliqua de Romanis diligentius scripsit. Se poi non esagerava Livio, i Romani stessi avevano per incognite le terre della Grecia al tempo di Tarquinio superbo: ignotus ea tempestate terras, et ignotiora maria. I. 56.