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CAPO III. 47

per conseguente in obblio le antiquate dottrine degli Etruschi, primi maestri, si formarono quindi innanzi i Romani una nuova letteratura calcata in tutto sopra quella dei Greci: nè tardò l’istoria a prendere anche essa l’ambiziosa ostentazione, e il mirabile favoloso delle scritture greche. Fabio Pittore, primo annalista di Roma, il quale dopo la battaglia di Canne era stato nunzio in Grecia, dove attinse quel suo genio di fingimenti che fu di sì malo esempio agli altri storiografi latini, aveva egli stesso seguito in moltissimi luoghi relativi alla nascita di Romolo, alle sue fortune, ed alla fondazione della città, i portentosi racconti già pubblicati la prima volta nell’Ellade da Diocle di Pepareto1. Così di fatto cominciò la storia romana, come quella de’ Greci, in romanzo. Nella sua ognor crescente grandezza dava il popolo romano facile orecchio a ignote favole, che promulgavano la sua origine divina, e ne promovevano insieme la gloria; quasi come d’una cittadinanza privilegiata dai cieli sopra tutti gli altri italici o vinti, o domati dal suo valore. Per esser letti e graditi ripetevano ciecamente i cronisti siffatte vanità: e trascurando, come di sopra dicemmo, le memorie patrie, che avrebbero potuto tuttavia assai utilmente consultare, tenner dietro più volentieri a narrazioni mirabili e nuove: sorte che provaron comune nonchè

  1. Plutarch. Romul. Certamente questo Diocle era uno scrittore di bassa levatura; ma il debole criterio del senatore romano si manifesta ne’ frammenti che di lui abbiamo, ed è spesse volte notato da Polibio e da Dionisio.