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Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. I.djvu/325

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CAPO XIII. 265

suo proprio distretto: sicchè raramente uniti nelle imprese, o solo per breve tempo, non si trova che adoperassero mai tutti insieme il formidabile loro sforzo, nè pure nelle maggiori urgenze contro alle armi romane, sebbene talvolta tenessero sotto l’armi sino a ottantamila fanti e otto mila cavalli1. Che se nazioni sì valorose, come tutti i Sabelli, avessero fortemente collegate l’armi, e ristrette all’uopo sue difese, forse Roma non sarebbe più stata al mondo. Questo troppo largo principio di libertà politica, che rilasciava a ciascun popolo il dritto di guerreggiare separatamente a voler suo, senza troppo riguardo alla salute comune dei membri confederati, fu senza dubbio il vizio radicale del governo federativo di tutti gl’Italiani: vizio sì grande, che tramutato in licenza pose finalmente i popoli distinti l’un dopo l’altro sotto il giogo di Roma, che avente un sol centro e una sola capitale tutto movea da quella. Non pertanto questa istessa eccessiva passione della locale e originaria independenza, che caratterizzava i popoli di stirpe osca, e massimamente i Sabelli, è anche prova certisima, che coteste forti nazioni non erano state mai per avanti da nessun altro conquistate; ma venute a stato civile da gran tempo mediante le sue colonie sacre, nel modo che abbiamo descritto, si

  1. Strabo v. p. 173. Nella rassegna delle milizie dei socj fattasi a Roma nel 529 per timore della invasione gallica, i Sanniti, ancorchè conquassati da tanti mali, potean dare settanta sette mila armati. Polyb. ii. 24.