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CAPO XIV. 279

cusa, o la vulcanica Ischia, che ha di circuito diciotto miglia, dove per copia di frutti, e per uso di metalli che di là traevano1, goderono di molta felicità, infino che per domestiche discordie i Calcidesi non furono costretti di venirsene in terra ferma ad unirsi insieme con i loro confratelli di Cuma e di Partenope.

E fu questa l’occasione per cui nacque Napoli o la città nuova come porta il nome: mentre Partenope, più discosta dalla marina, tolse quel di Palepoli; e in tal guisa venne a formarsi un solo popolo unito di due comunità l’una dall’altra distinta2, benchè Napoli, accresciutasi tempo dopo d’una mano di Ateniesi, e fattasi ella stessa d’ateniese costume3, oscurasse affatto il nome della vecchia città, e divenisse all’ultimo una gran terra murata, che racchiudeva nel suo total recinto il pieno dell’abitato. I tremuoti tuttavia ed i rovinosi getti vulcanici dell’ardente Epomeo4, obbligarono indi appresso anche gli Eretriesi ad abbandonare Ischia riparandosi a un modo in terra ferma, dove aumentarono col loro numero le colonie di stirpe euboica5.

  1. Mine d’oro dice Strabone: ma queste, per osservazioni di naturalisti, non vi hanno mai esistito.
  2. Palaepolis fuit haud procul inde ubi, nunc Neapolis est: duabus urbibus populus habitabat. Liv. viii. 22.
  3. Strabo v. p. 170.; Timaeus ap. Tzetz. ad Lycophr. 732.
  4. Monte S. Niccola: centrale all’isola, ed il maggiore di tutti.
  5. Strabo. v. p. 171.