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150 CAPO XXII.

o locali, molto contribuirono i progressi dell’arti del disegno, col presentare all’adoramento numi visibili in su l’altare, e troppi altri materiali oggetti di culto: nè questi non più formati in legno o in terra cotta, che pur erano nell’età prisca il solo e unico adornamento dei tempj1; ma effigiati in marmo, in bronzo e in preziosi metalli, sotto tali sembianze, che potessero più vivamente percuotere i sensi degli adoratori; ciò di poco altro s’appagava l’idolatria, non chiedente mai al suo divoto nessun sentimento di cuore. Sì che l’innumerabile quantità d’idoletti domestici, che sotto mille e mille forme sonosi ritrovati in ogni tempo qua nell’Etruria centrale, e si veggono sparsi per tutta Europa, meglio che ogni altro fatto confermano quanto a ragione Arnobio la chiamasse genitrice e madre di superstizione2. Dalla sola città di Bolsena tolsero i Romani due mila simulacri3. E se Roma inondata d’immagini di fattura toscanica4, contava, al dir di Varrone, trentamila dei, chi può dire quanti ne avesse l’Etruria intera di tanto più invecchiata e tenace in ogni maniera di religioni?

  1. Cato ap. Liv. xxxiv. 4.; Plin. xii. 1., xxxiv. 7.; Juvenal. xi. 15.

    Rebus Latiis aurem praestare solebat
    Fictilis, et nullo violatur Jupiter auro.

  2. vii. p. 232.
  3. Plin. xxxiv. 7.
  4. Ingenia tuscorum fingendis simulacris Urbem inundaverat. Tertull. Apolog. 25.