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CAPO XXV. 237

struosi animali, come alate sfingi, grifi, ippocampi, uomini a coda di pesce, e moltissime altre figure di fantasia1: immagini tutte di senso misterioso, che la nazione ricevette da’ suoi primi insegnatori, e riprodusse mai sempre sculte e dipinte in ogni qualità di monumenti ed in arredi, sotto forme più o meno abbellite dalla mano del facitore. Già fino dalla meta del quarto secolo fioriva l’arte in Etruria per la maestria di sperti operatori in formare finemente leggiadri arnesi in bronzo e in metalli preziosi cesellati con figure, sia per servizio della religione, sia per usi domestici: manifatture che i mercatanti trasportavano oltre mare, e si spandevano qual bramata merce per molte contrade. In un passo di Ferecrate ateniese2, poeta della vecchia commedia, il quale visse a’ giorni di Pericle3, per commendare il lavoro d’un candelabro, si dice esser tirrenico: erasi quello adunque un secolo di buon gusto per gli Etruschi, poichè in Atene, centro dello spirito e delle arti liberali dell’Attica, le opere toscane s’aveano in pregio, e vi si lodavano anche per belle in teatro dinanzi al popolo. Intorno la stessa età troviamo rammentate da Crizia4 tazze d’oro toscani-

  1. Vedi tav. xxviii. sqq., xlii. 4.
  2. Ap. Athen. xv. 18.
  3. Protagora questionando con Socrate parla di una favola di Ferecrate (Ἄγριοι) rappresentata nell’anno quarto dell’Olimp. lxxxix. an. di r. 333. Plat. Protagor. 327. D.
  4. In Eleg. ap. Athen. i, 22. Crizia figliuolo di Calliscro fu capo dei trenta tiranni nell’Olimp. xciv. an. di r. 350.