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238 CAPO XXV.

che cesellate, qual suppellettile preziosa delle case nobili; e se finalmente ricordiamo che Fidia, quel maraviglioso ingegno posto alla testa della scuola greca, adornò la sua famosa Minerva di sandali tirreni1, dovremo pur confessare, che l’arti e l’opere italiche non erano già ignote, nè discare alla Grecia, quanto vorrebbesi dar a credere comunemente. Anzi i Greci stessi posero ai Toscani il gentil soprannome d’uomini studiosi nell’arti belle2. Le copie fedeli che porgiamo di alcuni eleganti candelabri ed altri lavori nostrali, che certamente non sono de’ più perfetti3, ben confermano quanto a ragione l’antichità riconosceva negli Etruschi singolare perizia nell’arte4. Piaceva forse quella quasi infinita varietà di forme ne’ vasi, negli arredi, e in ogni sorta suppellettili di nobil disegno: piacevano quei leggiadrissimi intagli con animali, arabeschi, e figurine di basso rilievo: gradiva la molta diligenza in tutte quelle parti, ove il meccanismo dell’arte può meglio venire alla perfezione: nè allettavano meno certi lavori di scultura policroma formati di varie materie, de’ quali diamo un saggio condotto da mano espertissima nella toreutica5. Di tal qua-

  1. Polluc. vii. 92. Fidia fece la Minerva nell’Olimp. lxxxvii. an. di r. 322. Aristoph. Schol. ad Εἰρήνην.
  2. Ποικίλαι γὰρ ἦσαν αἱ παρὰ τοῖς Τυῤῥηνοῖς ἑργασίαι, φιλωτέχνων ὄντων τῶν Τυῤῥηνῶν. Athen. xv. 18.
  3. Vedi tav. xl. cxiii. 1-4.
  4. Τέχνας ἔχουσι πλεῖστας. Heracl. de Polit. pag. 213.
  5. Vedi tav. xlv.