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CAPO XXV. 245

di Cere, che al dir di Plinio aveansi per anteriori alla fondazione stessa di Roma1. Più pregevoli per il colorito, che non per disegno, tenean forse del far di Giotto o di Simone da Siena. Ma per argomentar meglio da fatti e cose certe, abbiamo nelle pitture stese sopra le pareti dei mentovati ipogei non ispregevoli saggi dell’arte etrusca. Tali pitture, benchè tutte insieme mediocri e per composizione e per disegno, pure fan conoscere appieno, che i maestri adoperavano con buona pratica del modo di colorire, e con franchezza pittoresca. Quivi si ravvisano conviti funebri, bighe o quadrighe, ludi ginnastici, zuffe di gladiatori, buoni e mali genj, figure danzanti e sonanti, animali mostruosi, ed altre finzioni simboliche, tali quali si veggono figurate in opere di rilievo: cose tutte correlative ai misteri, e alla dottrina etrusca su la vita e lo stato delle anime dopo morte2. Lo stile generale di queste pitture è piuttosto semplice, che manierato: tra il far de’ moderni e il prisco: gli animali, e massime i cavalli, vi sono ritratti più svelti e ben formati, che non le figure umane: le facce di per tutto vi sono prese in profilo: nel colorito, per lo più capriccioso a talento del colorista, si cercava un certo effetto d’armonia più che verità e bellezza: però nel totale vi si trovano motivi e mosse che additano opere migliori. Nè già queste pit-

  1. Plin. xxxv. 3.
  2. Vedi tav. lxv-lxx.