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268 CAPO XXV.

sare e d’Augusto parvero vetustissimi1 i vasi di tal genere, che si trovarono casualmente ne’ sepolcri di Capua2 e di Corinto in gran numero3, come appunto oggidì avviene a noi in quelli di Vulci. Però, da che in sul finire della repubblica romana s’introdussero per tutta Italia superstizioni stranie, e massimamente egizie4, avvenne che ritornò, come suole, quel ch’era in disuso: onde chi seguiva nella sepoltura il rito egizio volea vasi, immaginette, e utensili di quella foggia misteriosa: e tali sono que’ molti vaselli e bronzi d’imitazione egizia, che sovente si ritrovano nelle tombe; ma di fattura e pittura sì grossolana e materiale, che al solo vederli ne riconosce ognuno la sconcia imitazione. — Per riguardo all’importanza della materia mi vorrà perdonare il lettore sì lunga, benchè forse non superflua digressione, atta a schiarire la grande quistione motivata dalle scoperte mirabili di Vulci: rapportandomi bensì nelle cose più particolari all’esposizione medesima dei monumenti che ho posto in luce.

  1. Antiqui operis.
  2. Sveton. Caes. 81.
  3. Strabo viii. p. 263.
  4. Vedi sopra p. 146.