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Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/273

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CAPO XXV. 267

glie dissolute; dipinture che non possono essere anteriori alla introduzione del nuovo licenzioso culto di Bacco1. E se talune di queste figurazioni oscene hanno lettere greche, e voci strane, son queste altrettante acclamazioni e invocazioni di foggia ditirambica a Libero Padre, che i baccanti gridavano con clamore nelle orgie, senza nè pure comprenderne in quella età il senso ascoso2. Dopo l’abolizione di cotesti riti nefandi dovette gradatamente scemare l’uso di riporre entro i sepolcri vasi allusivi a Bacco ed a’ suoi misteri: vi contribuì non poco anche il costume fattosi più generale dell’abbruciamento de’ corpi: perchè da indi innanzi le ceneri si ponevano in piccole urne di pietra, fregiate anch’esse d’immagini: e quantunque lo stile di queste opere di disegno null’abbia che fare con quel de’ vasi dipinti, pure vi si ravvisano per continovata tradizione popolare genj contrari, enti a doppia natura, mostri capricciosi, ed altre figure di simbolo, che tuttavia riflettevano languidamente simulate le credenze antiche.

Così dunque dal primo al terzo secolo di Roma fu non meno copioso che apprezzato l’uso dei vasi fittili dipinti, di cui ragiono: migliorò l’arte nel corso del quarto secolo notabilmente: durava in Etruria nel quinto e sesto di quell’era: decadde col vietato culto dei baccanali; e d’allora in poi vi cessò fors’anche totalmente. Sì che a ragione al tempo di Giulio Ce-

  1. Vedi sopra p. 161. 162.
  2. Vedi tav. cxviii. 4- 5.