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CAPO XX. 51

distingue a proposito gli uni dagli altri, là dove dice sì positivamente, aver li Pelasghi durante la loro dimora in Tirrenia imparato dai Tirreni la marineria1. Furono al certo i nostri Etruschi o Tirreni antichissimo popolo, e tale in somma, che dessi facean via alle sue fortune per terra e per mare qua nell’occidente all’epoca della guerra troiana. Il nome loro già sonava glorioso in quella sì remota età degli eroi, età di forza e di violenze. Di quanto si fossero terribili ai navigatori gli audaci corsali tirreni, ne son piene le memorie antiche. E sicuramente mediante il frequente corseggiare sì nel mare Tirreno e Siciliano, come nell’Ionio e nell’Egeo, donde praticavano per le coste asiatiche, si renderono alfine esperti marinari quanto i Cartaginesi: ed all’esempio loro, da che il commercio cessò di congiungersi con la pirateria, di corsali indomiti si fecero nauti disciplinati e mercatanti2. Fino dai tempi che immediatamente precedettero la monarchia persiana, i navigatori etruschi s’inoltravano arditi per tutte le vie del mare interno, sede principale della navigazione antica. All’epoca della presa di Mileto, la quale s’arrese ai Persiani l’anno 494 innanzi l’era volgare, navi da carico tir-

  1. Dionys. i. 25. Vedi T. i. p. 87. n. 12.
  2. Nam e barbaris quidem ipsis nulli erant ante maritimi, praeter Etruscos et Poenos, alteri mercandi causa, latrocinandi alteri. Cicer. de Rep. ii, 4. Non vuol prendersi a rigore l’antitesi che fa qui Cicerone: perchè anche Fenicj e Cartaginesi furono ugualmente per natura di cose prima pirati, poscia trafficanti.