cumone capitano soltanto di guerra, il cui fedele compagno Mastarna, secondochò riferivano le storie etrusche, tolse appresso il nome di Servio Tulio, e tenne il regno di Roma1. Con tutto questo l’autorità loro nella città era talmente limitata dalla predominante aristocrazia, che non senza grave rischio avrebbero potuto abusare delle regie prerogative, o in qualunque altro modo eccedere i termini d’un potere rigorosamente prescritto. Quando Mezenzio, ritratto d’animo sì empio, usurpò la signoria di Cere, veggiamo il suo popolo precipitarlo tosto dal soglio, senza valutar nulla i dritti d’un figlio infelice e virtuoso. Sdegnati anzi più maggiormente i Ceriti perchè Mezenzio ha trovato asilo fra i Rutuli, richiedono l’aiuto dei confederati. Tutta Etruria è in arme per tor via quel tiranno dalle mani de’ suoi difensori, e per condurlo al supplizio; furore ugualmente approvato e dalle leggi e dagl’iddii2. Benchè, per avventura, altra vera colpa non avesse dinanzi i suoi l’audace lucumone di Cere, fuorchè aver tentato cangiare in monarchia il governo aristocratico. Sorte poco diversa successe a quel Metabo, padre della fiera Cammilla, cacciato da Priverno ne’ Volsci pel suo feroce comandare ed animo superbo3. Ugualmente per odio
- ↑ Claud. Caesar. in orat. ap. Gruter. p. dii.
- ↑
Ergo omnis furiis surrexit Etruria justis:
Regem ad supplicium praesenti Marte reposcunt.
Virgil. viii. 494
- ↑ Virgil. xi. 535.; Cato ad. Serv. ad. h. l. — Questi casi, che