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della vita domestica, servisse unicamente ai riti funerei. Lo persuade così la qualità dei simboli in essi figurati, allusiva alla dottrina dell’Erebo, od ai misteri, come la forma stessa dei vasi e la poco saldezza loro. Tutto il figurato di basso rilievo vi è fatto a stampa: quindi replicato più volte sopra di uno stesso vaso: le parti più minute di tante piccole impronte erano all’uopo finite dal formatore con lo stecco o la punta a terra fresca; e similmente gli altri fregi accessorj ed ornati. Bassissimi sono i rilievi delle figurine stampate nella creta, e rade volte si trovano bene visibili; atteso massimamente, che l’umidità di che s’imbevono sotterra ne ha corrosa e quasi cancellata la superficie. Vedi Tom. ii. p. 249.


TAV. XVIII.


1. Tazza nel cui fregio a stampa una dea sedente, e vestita di lunga tunica, porta nelle sue mani un bambino presentatole da una persona ritta in piè, che le sta davanti. Due altre figure divine, ugualmente sedenti in trono, ricevono omaggio dagli offeritori. È questa una scena religiosa d’iniziazione o di consacrazione d’un infante al sacro rito dei piccoli misteri, la quale poteva farsi fino dalle fasce: i parenti solean porgere doni e offerte al dio e alla dea per celebrare sì fatta iniziazione.

2. Vaso a due manichi nel cui fregio fanno figura principale i due numi infernali sedenti in trono, con