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Pagina:Storia dei Mille.djvu/18

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4 Storia dei Mille narrata ai giovinetti

ravigliata Emiliani e Toscani concordi ed entusiasti fondersi con Piemontesi e Lombardi; e i duchi e gli arciduchi — parole di Cavour — «sepolti in perpetuo sotto il cumulo di schede deposte nelle urne.»

Protestarono i principi che vedevano levati via per sempre i pretesi loro diritti; protestò l’Austria, protestò quasi tutta l’Europa, ma nessuno si mosse: e un regno dell’Alta Italia, di undici milioni, fu fatto.



Allora, anche a uomini molto arditi, parve di aver avuto tanta fortuna, che pensare ad altro sembrava temerità e follia. L’Europa poteva, alla fine, saltar su e dire di aver tollerato anche troppo. Infatti mostrò ancora il suo broncio il 2 aprile, nella seduta inaugurale del nuovo Parlamento in Torino; nella qual seduta, con manifesta avversione, non si fecero vedere i rappresentanti diplomatici di Russia, Prussia, Spagna e del Belgio. E se i limiti del nuovo regno fossero stati segnati dalla valle del Po, forse il Governo avrebbe potuto facilmente persuadere lo spirito pubblico a mantenersi cheto per alcuni anni, aspettando e preparando altri eventi. Ma i confini erano già di là dall’Appennino; e aver a far parte del regno la Toscana, la gran maestra antica della vita civile italiana, voleva dire esser costretti a continuare l’impresa nazionale. Napoleone III lo aveva ben capito, e di malumore aveva già detto ad un suo ministro che l’unione della Toscana al regno di Vittorio Emanuele portava di conseguenza l’unità italiana. Però al Conte di Cavour