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130 | dei fatti de’ langobardi |
CAPO XI.
Della morte di Giustino minore.
[A. D. 578.]In questi tempi regnava in Cotantinopoli Giustino minore, come sopra fu scritto, uomo avarissimo, nemico de’ poveri, e spogliatore dei senatori. Costui era talmente stimolato dall’ingordigia delle ricchezze, che faceva fare le arche di ferro onde ammassare tutti i talenti d’oro da esso rubati. Fra le altre cose, dicesi anche esser lui stato infetto dell’eresia Pelagiana. E siccome egli sempre avea chiuso il cuore alle divine ammonizioni, per giusto giudizio di Dio, perduto l’uso della ragione, impazzi. Però aggiunse all’impero Tiberio Cesare1, affin-
- ↑ Qualche volta un’azione dell’uomo, se non fa obbliare gli errori della passata vita, fa almeno vedere il trionfo della verità e della virtù sui pravi abiti acquistati della natura. Il Discorso di Giustino al momento di conferire il potere a Tiberio, riportato da Evagrio (lib. 5. cap. 13.), e più diffusamente da Teofane, e dalla Cronica Alessandrina, è una vera lezione di morale per chi è destinato a regnare. Due sono le maniere d’istruire; l’una di additare l’effetto delle buone azioni, l’altra di rappresentare le triste conseguenze delle malvagie; ma se ben si consideri l’indole del cuore umano, si