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228 dei fatti de’ langobardi


CAPO XXXVIII.

Della morte del duca Gisulfo, del saccheggio della città di Forogiulio, e degli altri mali, che patirono i Langobardi dagli Unni.

[A. D. 610.]Intorno a questi tempi il re degli Avari, nella loro lingua chiamato Cacano1, giunto con una moltitudine di gente entrò nel

    a mettere in pezzi il tiranno, e posto il suo capo sopra una picca, fu portato come in trionfo per mezzo la città a saziar gli occhi del popolo».
    Cedreno ne delineò il carattere, che fu anche copiato dal Gibbon (Stor. ecc. cap. 46.).
    Piccolo e deforme nella persona; ispidi cigli da niun intervallo divisi, capelli rossi, mento imberbe, gota svisata da orribile cicatrice. Avea un naturale selvaggio che s’infiammava dalle passioni, s’indurìa dal timore, dalla resistenza o dal rimprovero s’esacerbava. Ignorante delle lettere, delle leggi e delle armi stabilì il potere della dignità suprema nella lussuria e nella ubbriachezza. I suoi brutali piaceri oltraggiavano i sudditi, ed erano infamia di lui medesimo. Cessando d’esser soldato senza saper regnare da principe, invilì l’Europa in una pace ignominiosa, e travagliò l’Asia con una guerra desolatrice.

  1. Si sa dagli Storici, che i re degli Avari erano detti comunemente Cacani. E probabilmente Can o Kan, che è il titolo dei Tartari di oggidì, è abbreviatura di Cacano.