Pagina:Storia del Collegio Cicognini di Prato.djvu/31

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troviamo rammentati nell’antichità, ai quali attribuir potrebbesi il nome di Collegio, erano radunanze di uomini o di donne di età diversa, che lungi dagli occhi profani e dalle orecchie impertinenti venivano iniziali nei sacri misteri delle religioni; istruiti nei riti e nelle cerimonie solite a celebrarsi in onore delle divinità; imbevuti in certi studi, dei quali le lettere e le scienze formavano la minor parte. I Magi nella Persia, i Ginnosofisti nelle Indie, i Druidi nelle Gallie e nella Bretagna, possedevano questa sorta di Collegi; i quali, sebbene un po’ diversi nella forma e nelle regole, ma non dissimili nello scopo, esistettero pure nell’Attica, nel Lazio, nell’Asia minore e nell’Alessandria de’ Tolomei. Gli antichi non ebbero Collegi, bensì scuole, che per lunghi secoli furono liberissime e condotte liberissimamenle da uomini più o meno eruditi, e interessati chi per la scienza, e chi per il guadagno. Marco Fabio Quintiliano è il primo, a quanto si sappia, che tenesse cattedra con pubblico stipendio, ai tempi dell’imperatore Domiziano, del quale allevò i nipoti. Chiunque dei cittadini di Roma e di Atene, per non parlare delle città minori, avesse voluto procacciare insegnamento ai propri figliuoli, doveva inviarli alle scuole, che taluni retori e grammatici aprivano in diversi luoghi, e pagare una mercede mensile; oppure, ciò che praticavano le famiglie doviziose, mantenere in casa uno o più pedagoghi, i quali per il solito erano schiavi, o come tali venivano trattati. L’insegnamento si restringeva alla Grammatica, alla Eloquenza e alla Musica: di Matematiche e