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Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/182

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172 LIBRO TERZO — 1797.

lantatore orgoglioso, veniva di Palermo, sua patria, in Napoli presso il re agli officii di corte, sopra nave greca-ottomana, perciò franca da’ pirati; e seco viaggiavano altri signori e un mercante di gioje e d’oro. Per tante ricchezze accesa la cupidigia del Greco, accordatosi co’ pirati che scorrevano i mari della Sicilia, fu predato il legno poco lontano dal porto; e i ladroni carichi e lieti del bottino portarono in schiavitù i viandanti. Il principe della barbara prigionia scrisse lettere miserevoli al re, il quale impose al suo ambasciatore presso la Porta di cercar vendetta de’ pirati, e maggiore e più giusta del perfido Greco. Quindi rispose al Paternò sensi amorosi, promettendo regia protezione presso il governo turco, assumendo paterna cura della famiglia, ed esortandolo a cristiana filosofia nella schiavitù. I richiami presso la Porta nulla valsero, fuorchè protestazioni di amicizia e di zelo; ma i rei non furono puniti, le involate ricchezze (duecentomila ducati) non rendute, nè fatto libero il principe prima del riscatto di un milione di piastre, Per lo che scemò non cadde la sua ricchezza.

XXVI. Non era guerra in Italia se non de’ Francesi col papa, il quale manteneva in arme molte milizie sotto l’impero del Colli generale tedesco, e faceva erger campi ed altre opere militari su la frontiera; quindi scrisse all’imperatore gli ostili proponimenti, e rassegnando le sue forze, conchiudeva: «Se non bastassero, aggiungerei le forze di Dio, dichiarando guerra di religione.» Bonaparte pubblicò il foglio venutogli in mano per intercetto corriere; ed avvisando di que’ fatti il direttorio, mosse le schiere con editto che diceva: «Il papa ricusa di eseguire il fermato armistizio; mostrasi lento e schivo alla pace, leva nuove milizie, arma i popoli a crociata, cerca alleanza con la casa d’Austria; rompe, viola, calpesta le giurate fedi. L’esercito della repubblica entrerà nel territorio romano, difenderà la religione, il popolo, la giustizia; guai solamente a chi ardisse di contrastargli.» Nel qual tempo scriveva il direttorio a Bonaparte: «La religione romana, irreconciliabile con le repubblicane libertà, essere il pretesto e l’appoggio de’ nemici della Francia. Egli perciò distruggesse il centro della unità a romana, e, senza infiammare il fanatismo delle coscienze, rendesse odiato e spregevole il governo de’ preti; sì che i popoli vergognassero d’obbedirgli, e ’l papa e i cardinali andassero a cercare asilo e credito fuori d’Italia.» Ma nella mente di Bonaparte i tempi e i destini di Roma non erano maturi.

Le schiere di lui, Francesi e Italiani delle nuove repubbliche, fugati facilmente i papalini, occuparono le tre legazioni, parte delle Marche, Perugia e Foligno. Bonaparte in Ancona ordinava meno la guerra che la politica degli stati nuovi, quando il principe di Belmonte ambasciatore di Napoli gli riferì essere desiderio del suo re