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LIBRO QUARTO — 1799. 229

il principe Francesco, e che l’anno innanzi in quella stessa città era stato seco alle cerimonie della chiesa e della reggia, oggi partecipe agl’inganni, ed egli medesimo ingannatore, accertò dal pergamo essere il presente quel desso, come che dopo un anno, per i travagli di guerra e di regno, apparisse mutato nell’aspetto.

Rivolsero quegl’impostori cammino verso Taranto, dove giunti videro approdare il vascello che portava in Sicilia le vecchie principesse di Francia, fuggitive da Napoli. Non ismarrirono gli audaci, ed il Corbara preceduto da imbasciate, rivelanti alle principesse i fatti maravigliosi di quella popolare credulità, andò con pompa regale e fidanza di parente a quelle donne; le quali, benchè superbe come ci stirpe regia borbonica, per giovare alla causa del re, accolsero da nipote quell’uomo abbietto; gli diedero titolo di altezza e gli prodigarono i segni di riverenza e di affetto. Così confermate le credenze de’ popoli, armi numerose adunaronsi per le parti regie, e gli stessi increduli, o i certi della impostura unendosi alla fortuna, tre province di Puglia ribellarono. Corbara, dopo ciò, desideroso di porre in salvo le male acquistate ricchezze, bandì ch’egli, portando seco il contestabile Colonna, andava in Corfù per tornare con poderose schiere di Russi; e che lasciava luogotenenti e generali nel regno il fratello del re di Spagna e ’l duca di Sassonia. Si partì. Uscito appena dal golfo, preso da pirati, perdè ricchezza e vita; il Colonna non mori, ma il suo nome scomparve. Boccheciampe, difendendo il castello di Brindisi da vascello francese, fu morto; e de Cesare condottiero fortunato di numerese torme, occupò senza guerra Trani, Andria, Martina, città grandi e forti, mentre le minori e la più parte delle terre Pugliesi, debellate dal grido, ubbidivano al re.

XIV. Rimane a dire delle Calabrie. Benchè lo stato di repubblica trovasse maggior numero di seguaci ne’ Calabresi, avidi forse di vendicare le patite ingiurie da feudalità più tiranna, o perchè nella ruvidezza de’ costumi e del vivere serbassero le virtù primitive di libertà, pure tenevano dalla parte del re innumerevoli cittadini; potendo affermare che i repubblicani dello stato intero stavano a’ contrari come il dieci al mille. I Borboniani calabresi spedirono al re nella vicina Sicilia fogli e legati per avvisarlo delle condizioni di quelle province, e pregarlo mandasse milizie, come che poche, ed armi assai, e personaggi di autorità, e leggi, e bandi per ajutare lo zelo delle genti già mosse; soccorresse il suo regno; impietosisse de’ suoi fedeli esposti alle vendette de’ nemici esteriori ed interni. Altri messi da Napoli e dalle Puglie accertavano i popolari tumulti, e la facilità di scacciare i Francesi, di opprimere i ribelli. Ma il re, fermo nella idea di tradimenti, non prestando fede a que’ fogli, ma credendoli nuovo inganno, confidava solamente nell’armi dei suoi