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304 LIBRO QUINTO — 1800.

stessa insegna, niente esperti alla guerra campale, e già scorati dal grido delle vittorie francesi nella Germania e nella Italia. Fu quindi breve il conflitto; i Napolitani fuggendo traversarono Siena; il generale Damas con alcuni squadroni di cavalli e con batterie di cannoni acconciamente postate, trattenendo i Francesi, raunò i fuggitivi e li trasse nel territorio romano. Il generale toscano Spannocchi, che sosteneva con pochi battaglioni le bande di Arezzo, si ritirò; quelle bande si sciolsero. Il generale Sommariva, comparso sopra i monti, tornò ad Ancona. E Miollis, lasciato in Siena grosso presidio, ripigliò i quartieri di Firenze e Livorno.

Quegl’impeti tardivi di Napoli, sconsiderati, come innanzi ho mostro, inutili all’Austria e all’Inghilterra, incitarono l’ira del primo console, che mandò su i confini degli stati di Roma il generale Murat con le legioni tenute in riserva in Milano mentre durava la guerra d’inverno, e con altre che dopo l’armistizio di Luneville richiamò dall’esercito di Brune. Lettere di Murat, amichevoli e riverenti al pontefice, assicuravano che quell’esercito rispettoso a’ suoi stati, veniva per punire la pazza ed implacabile nemicizia del re di Napoli. Era mutato lo stile della Francia, repubblica in certe forme e in tutti i nomi, signoria nell’animo e nelle opere del primo console e de suoi luogotenenti. Sì che il pontefice rispose benignamente al benevolo foglio; ma in Napoli paventavano i ministri del re, ed il re medesimo nella sua reggia di Palermo. Tanto più quando intesero fermata la pace in Luneville ed affatto scordato il sovrano delle Sicilie; dimenticanza o abbandono meritato da principe che non avendo della guerra nè il senno, nè il valore, ma solamente lo sdegno, era stato di scandalo più che di ajuto a’ regni collegati.

Quel che importi a noi del trattato di Luneville è il sapere che le armi furono deposte in tutta Europa fuorchè in Inghilterra; che divennero confini della Francia le Alpi, i Pirenei, l’Oceano ed il Reno: e confine dell’Austria in Italia, l’Adige tenendo essa l’Istria e la Dalmazia, sino alle Bocche di Cattaro. Che le repubbliche batava, cisalpina e ligure furono riconosciute dall’imperatore d’Austria; che il gran ducato di Toscana andò ceduto da Ferdinando III al duca di Parma, spossessato de’ suoi stati per unirli alla Cisalpina; che le passate opinioni, opere o colpe di stato furono rimesse, così che i cittadini avessero certe le proprietà, libere le persone.

Quella pace rallegrò il mondo; solamente piangevano di giusto dolore i Toscani per la perdita del buon principe Ferdinando III, e di lacrime amare ma debite la casa di Napoli e i partigiani di lei. Pure la sorte ajutò questi, perchè da Vienna la regina Carolina per lettere e ambasciatori al sovrano di Russia Paolo I, mostrando i pericoli della casa, dimandò soccorsi non d’armi ma di nome, dire al primo console (e la voce basterebbe) che non atterrasse il trono