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88 LIBRO SECONDO — 1760.

messe. La provvida legge vietò a’ notari di scrivere testamenti che apportassero nuovi acquisti a quelle mani; impedì le permute; agguagliò a censi le enfiteusi a tempo, i lunghi affitti e gli affitti rinovati a’ locatori medesimi; talchè Le mani-morte conservassero il canone, perdessero la proprietà.

I quali provvedimenti superiori alla civiltà comune, erano contrastati dalla ignoranza del popolo, dalla scaltrezza de’ cherici. Donna divota nominò nel testamento sola erede l’anima sua. Trapassato di subita morte Giovan Battista Latilli di Bitonto, il vescovo e ’l parroco fecero insieme il testamento dell’anima, legando buona parte del patrimonio a celebrazione di messe; testamento simile fece il vescovo di Bisceglia per l’anima di Francesco Pascullo, ucciso; ed altro ne fece in Pisticce il vicario della diocesi per l’anima del sacerdote Lisanti, morto intestato. Tutti furono dal governo rivocati, biasimati i vescovi, e con legge i teslamenti all’anima e dell’anima proibiti. Succederono gli eredi legittimi; e poichè al Pascullo mancavano, ereditò la comunità di Bisceglia.

III. Così provvide a scemare le soperchie ricchezze della Chiesa, altre leggi abbattevano le pretensioni chiamate da’ pontefici diritti, e di queste leggi riferirò gli effetti. Fu allargata la giurisdizione laicale, e altrettanto ristretta la ecclesiastica, ed al tribunale misto, ed al delegato della giurisdizione regia (magistrati noti per il primo libro) si aggiunse un avvocato della corona, vigilatore alle ragioni della sovranità.

Fu minuito il numero de’ preti, il dieci per mille anime praticato da Carlo diventò legge dello stato; dipoi annoverarono fra i dieci i frati sacerdoti, e finalmente il dieci si ridusse al cinque.

Non si ordinavano preti o diaconi se mancavano del patrimonio, nè il patrimonio potevasi accrescere o stabilire a danno delle famiglie.

Vietavasi al figlio unico il chericato; ed alla casa che aveva un prete, il secondo.

Si dichiarò cassa qualunque bolla o carta del pontefice, nuova, antica, antichissima, non fosse validata del regio assenso: nè basterebbe a legittimarla (sono parole dell’editto) l’uso, la pazienza, o il sommo de’ passati monarchi. Il regio assenso fu difinito: Rtegalia inalienabile che non mai si prescrive o si presume. E in altri editti, le concessioni di natura ecclesiastica, fatte o assentite dal re, si sciolgono a piacimento dello stesso re, o de’ re successori. Le volontà de’ fondatori si sopprimono, si commutano a beneplacito del re. Gli ecclesiastici dipendere dal re e da’ suoi magistrati, e non essere su la terra dignità che abbia diritto o possanza di derogare alle sentenze sopradette.