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106 LIBRO SETTIMO — 1813.

affollati e confusi, toglieva o scemava facoltà di combattere. E poco meno felici furono il centro e l’ala sinistra de’ Francesi, per lo che Russi, Alemanni e Prussiani tornavano frettolosi e disordinati verso Boemia. Tre giorni durò la battaglia, ventimila de’ perditori restarono morti o feriti, e il vincitore raccolse trentamila prigioni, bandiere, artiglierie, innumerabili attrezzi di guerra, Il mancamento di Gioacchino su l’Oder fu riscattato su l’Elba, ed egli tornò caro a Bonaparte ed a’ Francesi.

L. Tre eserciti perseguitavano i fuggitivi nella Boemia, un quarto accennava a Breslavia, un quinto a Berlino; Bonaparte in Dresda ordinava nuove battaglie, mentre i contrarii altre sventure temevano. Ma in un tratto cangiò fortuna: il duca di Reggio prima trattenuto, poi respinto da’ Prussiani e Svedesi guidati da Bernadotte, combattè in Gros-Boeren, e perditore si ritirò in Interborg. Il duca di Taranto dà in Islesia la giornata di Kalzbach, e vinto da Blucher prussiano, riduce le sue legioni dietro al Bober. Il general Vandamme, bramoso di gloria, s’interna nella Boemia e spera di cogliere il maggior frutto della vittoria di Dresda; ma dalle troppe schiere nemiche, benchè fuggenti, accerchiato, egli con la più parte dell’esercito è preso. Il maresciallo Saint-Cyr a stento si sa difendere, ha poca fortuna il re di Napoli. Gli enumerati disastri si fanno maggiori per le abbondanti piogge cadute in quei giorni di agosto e sì che ingrossarono i fiumi, guastarono le strade, rovinarono i ponti, impacci comuni a’ due eserciti, solamente dannosi a’ perdenti. Il principe della Moskowa succeduto nel comando al duca di Reggio, combatte in Denneviz, e perdè; Blucher è sulla Sprea, Schwartzemberg di nuovo a Pyrna: Bonaparte respinge or l’uno or l’altro, ma le forze nemiche si affollano intorno a Dresda, e tanto che i Francesi, non avendo spazio alle arti di guerra, abbandonano la città.

Pareva all’universale che quello esercito più vinto che vincitore dovesse ripiegare sopra Lipsia verso la sua base, ma l’aspetto offensivo si perdeva, non più in potestà di Bonaparte era il dar battaglia o evitarla, le speranze di quella guerra svanivano. Ed egli perciò disegnando nuove basi e nuove linee, incamminò l’esercito verso Torgavia e Magdeburgo. Dell’impreveduto movimento furono maravigliati i nemici e gli stessi generali di Bonaparte: quegli, dubbiosi, fermaronsi o volteggiavano; questi, scorati, biasimando in secreto l’imperatore, pregandolo in aperto a mutar consiglio, palesarono diffidanza ed opposizione a’ voleri del capo, la maggiore sventura fra le sventure degli eserciti. E quegli tollerava da imperatore ciò che ne’ suoi primi anni avea disdegnato da capitano, tanto negli altri ed in lui era mutato co’ tempi e con le fortune il genio severo di Arcole e San Giovanni d’Acri. Ma il re di Napoli non era