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LIBRO SETTIMO — 1814. 127

lusinghiera a Bonaparte, l’imperator d’Austria scrisse a Gioacchino di suo pugno per accertarlo delle ratifiche alla fermata alleanza; e l’imperatore di Russia spedì suo legato il conte Balachef a trattar pace col re di Napoli. Mentre lord Bentinck venuto a chieder la cessione di Livorno e Pisa onde formarne base di guerra contro Genova, peri discorsi del conte Mier e di altri ministri dei re alleati, abbandonò quelle pretensioni, e temperando l’alterigia si mostrò al re amico e riverente. Le quali cose portavano in Gioacchino la cortezza delle vittorie di Bonaparte, raccontate nei bullettini, esagerate dai Francesi che gli erano intorno, ed accreditate dal conosciuto genio del capitano grandissimo e dalle proprie speranze. Fece prova per l’ultima volta di legarsi col vicerè; ma questi più incitato alla nemicizia dalle fortune di Bonaparte, che erano a Murat stimoli di concordia, rigettò le offerte, scacciò l’ambasciatore, e perchè giovava alla vendetta ed alle difese sparger odio e diffidanza fra suoi nemici, trovò maniera di palesare quelle pratiche ai commissarii dei re alleati presso Gioacchino.

E intanto il generale Grenier con quattordici mila Italo-Francesi, valicato il Po a Piacenza, attaccò nei campi della Nura e di Parma la legione austriaca retta dal generate Nugent, e altre schiere per il ponte di Borgoforte assaltavano Guastalla. In ambo i luoghi i Tedeschi vinti e scacciati lasciarono sul campo quattrocento tra morti e feriti, duemila e più prigionieri, due cannoni, molti arnesi di guerra; e Grenier, messa guernigione in Parma e Reggio, tornando alle sue linee per Borgoforte, abbandonò Guastalla; Nugent, riordinatosi dietro i campi napoletani, si trovò in riserva; la legione del generale Carascosa in avanguardia; quella del generale Ambrosio nel centro. Per il movimento di Grenier una compagnia napoletana, avviluppata fra’ battaglioni francesi, fu prigioniera; ma nel giorno istesso rilasciata con amichevoli dimostrazioni e con armi: dono astuto e fallace.

E queste apparenze, e il non aver scccorso opportunamente la legione tedesca da forze maggiori assalita, e i ritardi e le pratiche e gli sconsigliati discorsi del re, diedero tanto sospetto di inganni che oramai gli alleati temevano di lui come di nemico; i commissarii apertamente si querelavano; Balachef sospese le conferenze di pace, e Gioacchino allora per accorrere al maggior pericolo (come usano gli uomini di animo incerto, chiamando scaltrezza o bisogno la continua inconstanza) stabilì di assaltar Reggio e ricondurre la legione tedesca ai suoi campi di Parma e della Nura. Al dì seguente le preparate schiere ed alcuni battaglioni austriaci che il generale Nugent, a ristoro di onore ed a vendetta, volle in avanguardia, scontraronsi col nemico sul ponte di San Maurizio presso a Reggio, e si venne all’armi. Il ponte chiuso con alberi abbattuti era difeso da soldati e