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182 LIBRO OTTAVO — 1815.

giunto il dimani, narrò brevemente i proprii casi, e gli porse un foglio che in idioma francese diceva:

«Sua Maestà l’imperatore d’Austria concede asilo al re Gioacchino sotto le condizioni seguenti.

1°. Il re assumerà un nome privato; la regina avendo preso quello di Lipàno, si propone lo stesso al re.

2°. Potrà il re dimorare in una delle città della Boemia, della Moravia, o dell’Austria superiore; o se vuole in una campagna delle stesse province.

3°. Farà col suo onore guarentigia di non abbandonare gli stati austriaci senza l’espresso consentimento dell’imperatore; e di vivere qual uomo privato sottomesso alle leggi della monarchia austriaca

Dato a Parigi il 1°. settembre 1815.»

Per comando di S.M.I.R.A.

IL PRINCIPE DI METTERNICH.


«Or dunque, disse Gioacchino, una prigione è il mio asilo! prigione è come tomba, ed a re caduto dal trono non rimane che morir da soldato. Tardi giugneste, Maceroni; ho già fermo il mio destino: aspettai per tre mesi la decisione de’ re alleati; quegli stessi che non ha guari mi ricercavano di amicizia, mi han poi lasciato sotto il ferro de’ mici nemici. Io vo con felici speranze a riconquistare il mio stato; la sventurata guerra d’Italia nulla tolse alle mie ragioni; si perdono i regni e si acquistano per l’armi, i diritti alla corona sono immutabili, e i re caduti risalgono al trono se lo vuole fortuna, istromento di Dio. La mia prigionia, qualora fallisca l’impresa, troverà scusa dalla necessità; ma non mai serberò, volontario schiavo sotto barbare leggi, misero avanzo di vita. Bonaparte rinunziò al trono di Francia; vi tornò per quelle vie che ora io tento, fu sconfitto in Vaterloo e prigioniero. Io non ho rinunziato; i miei diritti sono illesi, destino peggiore della prigionia sarebbe contrario alla ragione delle genti; ma rassicuratevi, sarà Napoli la mia Sant’Elena.»

XIII. Nella notte, che fu del 28 settembre, la piccola armata salpò di Ajaccio, ed era sereno il cielo, placido il mare, propizio il vento, animosa la schiera, allegro il re; fallaci apparenze. Il governo di Napoli molto sapeva di Gioacchino, e dirò come. Appena sentì ch’egli era in Corsica cercò persona che lo spiasse, ed a quel vile offizio si offerse, o (raccomandato dalla sua mala fama) fu richiesto un tale Carabelli, Corso di patria, impiegato da Gioacchino nel suo regno, d’ingegno vario ed ingrato. Si accostò in Ajaccio all’incauto Murat, e simulando gratitudine lo distoglieva