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250 LIBRO NONO — 1820.

però in alcune province, prepotendo la carboneria, furono scelti a deputati i più caldi settarii; ma tanto piccolo era il numero a confronto dei buoni, che la prima rappresentanza nazionale si direbbe opera di popolo già fatto alle costituzioni. Di 72 deputati erano dieci ministri della chiesa, otto professori di scienze, undici magistrati, nove dottori, due impiegati del governo, tre negozianti, cinque militari, ventiquattro possidenti: e fra tutti due soli nobili. I collegi elettorali mostraronsi avversi all’antica nobiltà, cui spesso disonestamente impedivano il diritto comune di dare il voto. Furono ingiusti ed ingrati, perciocchè la legge non escludeva i nobili; e non vi ha in Napoli altra nobiltà che di nome e questi nomi, Colonna, Caracciolo, Pignatelli, Serra, altre cento chiarissime famiglie, diedero alla scure il primo sangue per amore di libertà. Qui di poco anticipando i tempi, mi convien dire che di ventiquattro deputati siciliani la terza parte era di nobili, la quarta di preti, gli altri dieci fra tutti i ceti della società: onde veggasi come ancora duravano nelle opinioni di quel popolo le preminenze feudali ed ecclesiastiche.

Terminate le elezioni, venuti gli eletti alla città, giunse il 1° ottobre, giorno fissato per l’apertura del parlamento. Era surta voce che il re deputerebbe il vicario; e veramente abbisognarono arti e preghiere dei ministri e del figlio per dissuaderlo dal proponimento, e scrivere lettere che dissipassero la popolare inquietudine. Altra voce diceva che i liberali volessero dar segni al re di servile obbedienza, tirando a braccio la carrozza regia; ma un’ordinanza di polizia vietandolo, rassicurò gli animi dalle turbolenze che spesso produce la troppa gioja dei popoli. Ed infine credendosi angusta per la cerimonia, come che destinata alle adunanze del parlamento, la sala di San Sebastiano, fu apparecchiata la più vasta chiesa dello Spirito Santo. Il re doveva recarvisi alle undici ore della mattina, i deputati ed i primi dell’esercito e della corte alle dieci; e frattanto non ancora spuntava la prima luce del giorno, ed il popolo ingomberava la magnifica strada e le tre piazze di Toledo; imperciocchè alla immensa popolazione della città erasi aggiunto gran numero di provinciali, venui per interesse o curiosità fin dalle parti estreme del regno.

All’ora stabilita il re preceduto dai principi e principesse della casa, standogli a fianco il vicario del regno, uscì con magnifica pompa dalla reggia, percorrendo a passo grave di cerimonia la strada di Toledo, tra ’l popolo che a mille voci lo applaudiva, e spargeva fiori sul suo cammino, e liberava uccelli al suo sguardo, per doppio simbolo di allegrezza e di libertà. Fra questa gioja giunse in chiesa, ov’era tanto numero di spettatori quanti nel vasto edifizio a stento capivano. E frattanto così profondo era il silenzio che parea