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266 LIBRO NONO — 1820.

foglio, salde, immutabili agli sforzi dello altrui potere o lusinga. Scolpisci, o figlio, questi detti nel cuore, e siano la norma della reggenza, la guida delle tue azioni. Io ti benedico e ti abbraccio.»

Il reggente, in argomento della fede paterna, lesse il foglio a parecchi ministri e confidenti; e però, di bocca in bocca divolgati quei sensi, e vieppiù le menti rasserenate, si facevano voti a Dio per la partenza del re, ed il conseguimento de’ suoi desiderii. Così benedetto, imbarcò sopra vascello inglese nel mattino del 14 dicembre, con seco la moglie, il ministro della casa, il cavaliere di compagnia, e pochi servi; il duca del Gallo, nominato ministro al congresso, lo attenderebbe in Firenze. Il vascello (il Vendicatore) era lo stesso che, dopo la battaglia di Vaterloo, accolse prigioniero in Rochefort l’imperator Bonaparte. Quel legno ed una fregata inglese, nella oscurità della notte, scontrandosi a caso o per fallo. si offesero così che la fregata venne in Napoli a ristorare i suoi danni, e ’l vascello andò a Baia. La città fu mesta dei pericoli e dei timori del re; la regal famiglia andò subito a visitarlo, nè furono lente le ambascerie del parlamento, della comunità, dell’esercito. Il re, rimasto a bordo, accolse tutti cortesemente; disse agli ambasciatori del parlamento che l’accidente della notte ed il breve ritardo di alcun giorno sperava che fossero le sole avversità che soffrirebbe la nave dello stato. Fu visto con maraviglia che, stando sicuro e libero sopra vascello inglese, portasse a fregio nell’abito il nastro tricolorato di carboneria, disusato nell’universale, solamente rimasto ai caldissimi settarii.

Andò fra gli altri a condolersi il duca d’Ascoli, vecchio amico del re, compagno a lui nei ruvidi piaceri della caccia e nelle dissolutezze degli amori, nelle regie fortune fortunato, alle sventure fedelissimo, che dopo i rallegramenti del passato pericolo della notte così gli disse: «Spesso è un bene accanto al mele; senza questo accidente non avrei potuto parlare a V. M. quando non è indiscreto il richiedere. Ella parte, noi restiamo smarriti senza comando e senza esempio. Qual sarà il mio contegno? che dovrò fare tra questi turbamenti civili? In carità ed in mercede di antica incorrotta servitù mi palesi la sua volontà, prescriva le mie azioni.» Quegli rispose:

«Duca d’Ascoli, farei scusa ad ogni altro della dimanda, ma non a le che da fanciullezza mi conosci. Dopo il giuramento, le promesse, le patite tempeste, la grave età, il bisogno di vivere riposato, come puoi credere che io voglia guerra co miei popoli, e nuovi travagli, nuove vicende? Io vado al congresso intercessore di pace, pregherò, la otterrò, tornerò grato ai miei sudditi. Voi che qui restate, manterrete la quiete interna, e, se avverso destino