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LIBRO NONO — 1821. 269

come il duca di Sangro tenente-generale, che avendo giurato a quel governo, e tirandone onori e stipendii, fu disertore. E non pago di un sol delitto, trasse compagno un suo giovinetto figlio, tenente nell’esercito; il quale, insino allora innocente, fece contrasto alle voglie paterne, ma infine dall’obbedienza fu vinto.

CAPO TERZO.

Guerra intimata, poi mossa. L’esercito si discioglie. Ingresso in Napoli degli Austriaci.


XXVIII. Giunsero le nove, lungamente attese, del re, che riferiva il felice viaggio e la perfetta sanità; vantava i suoi cani che agli esperimenti di caccia superavano i bracchi dello imperator di Russia; nulla diceva degli affari di stato. Ma quelle lettere, benchè sceme di pubblico interesse e di regal decoro, furono partecipate al parlamento a fin di sedare i popolari sospetti dal troppo silenzio eccitati. Lettere del duca del Gallo rapportavano ch’egli, prima in Mantova, ora in Gorizia, stava impedito di portarsi al congresso; mentre notizie officiali o private accertavano che l’esercito tedesco moveva dalla linea del Po. Ridestato il timore di guerra, romoreggiando i partigiani della rivoluzione, il reggente adunò consiglio per la difesa; e surse nuova inaudita discordia fra i generali convocati, che, uniformi nelle opinioni, disputavano l’anteriorità del pensiero. Fu nominato capo del primo esercito il general Carascosa, il quale cruccioso delle patite accuse, o prudente dell’avvenire, con simulata modestia rifiutava; fu capo del secondo esercito il generale Guglielmo Pepe, che baldanzoso e confidente della vittoria richiedeva il comando; quegli a stento, questi voglioso accettò. Stavano col Carascosa i tenenti generali Ambrosio, Filangeri, Arcovito, Roccaromana, Pignatelli-Strongoli; con Pepe niun tenente generale, perocchè agli eguali dava tedio quel mal tolto impero. I due capi, l’uno verso l’altro liberi, penderebbero dal comando supremo del principe reggente, del quale era capo di stato-maggiore il generale Florestano Pepe. Il primo esercito difenderebbe la frontiera del Garigliano, il secondo gli Abruzzi. Ma questi eserciti stavano nei nomi, perciocchè nessuna schiera era in movimento, nè si provvedeva ai mezzi della guerra, vesti, vettovaglie, ospedali, aumento d’armi, aumento d’uomini. Si viveva alla spensierata.

L’ozio vergognoso fu scosso da nuove lettere del re, scritte il 28 gennajo da Laybach, pervenute al reggente il 9 febbrajo per mano del duca del Gallo, che il re aveva chiamato da Gorizia per istruirlo delle decisioni dei re congregati, e farlo portatore in Na-