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270 LIBRO NONO — 1821.

poli dei suoi fogli, e consigliero al figlio, al parlamento, al popolo, di rassegnazione e di quiete. Gli aveva imposto di assistere al congresso di quei ministri come testimonio e nuncio della concordia de’ potentati, e del proponimento di mantenere le stabilite cose. Egli perciò vide il ministro d’Austria Metternich presedere ai ministri di Russia, Prussia, Francia, Inghilterra, e de’ principi italiani; vide tra quelli sedere e consultare, come ambasciatore del regno delle Sicilie, il principe Ruffo, lo stesso che dal re poco innanzi era stato casso d’impiego; udì che le tre monarchie della santa alleanza opererebbero colle armi, mentre assentiva la Francia, non contrastava l’Inghillerra, e i governi d’Italia applaudivano. Tali cose riferì a voce; le proprie parole del re erano:

«Figlio carissimo, voi ben conoscete i sentimenti che mi animano per la felicità de’ miei popoli, e i motivi pe’ quali solamente ho intrapreso ad onta della mia età e della stagione un così lungo e penoso viaggio. Ho riconosciuto che il nostro paese era minacciato da nuovi disastri, ed ho creduto perciò che nessuna considerazione dovesse impedirmi di fare il tentativo che mi veniva dettato da’ più sacri doveri.

Fin da’ miei primi abboccamenti con i sovrani, ed in seguito delle comunicazioni che mi furono fatte delle deliberazioni che hanno avuto luogo dalla parte dei gabinetti riuniti a Troppau, non mi è restato più dubbio alcuno sulla maniera colla quale le potenze giudicano gli avvenimenti accaduti in Napoli dal 2 luglio a questo giorno.

Le ho trovate irrevocabilmente determinate a a non ammettere lo stato di cose che è risultato da tali avvenimenti, nè ciò che potrebbe risultarne; e riguardarlo come incompatibile colla tranquillità del mio regno, e colla sicurezza degli stati vicini, ed a combatterlo piuttosto colla forza dell’armi, qualora la forza della persuasione non ne producesse la cessazione immediata.

Questa è la dichiarazione che tanto i sovrani quanto i plenipotenziarii rispettivi mi hanno fatto, ed alla quale nulla li può indurre a rinunciare.

È al di sopra del mio potere e credo di ogni possibilità umana di ottenere un altro risultato. Non vi è dunque incertezza alcuna sull’alternativa nella quale siamo messi, nè sull’unico mezzo che ci resta per preservare il mio regno dal flagello della guerra.

Nel caso che tale condizione, sulla quale i sovrani insistono, sia accettata, le misure che ne saranno la conseguenza non verranno regolate se non che colla mia intervenzione. Devo però avvertirvi che i monarchi esigono alcune garantie giudicate momentaneamente necessarie per assicurare la tranquillità degli stati vicini.