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32 LIBRO SESTO — 1806.

titoli, ne creò nuovi per fin di re, costrinse l’imperatore austriaco a rinunziare al nome ed offizio di capo del corpo germanico, surrogò a quella dignità e potenza sè stesso col nome altierò di Protettore. E così gli stati occidentali dell’Alemagna che facevano testa alla Francia, cambiando sorte, si volsero contro i potentati del Settentrione; e di separati ed avversi che, per la occulta natura del corpo germanico, erano innanzi, divennero, per nuovi interessi e per indole della confederazione del Reno, uniti e consorti. Condizioni e memorie che saranno nell’avvenire motivo di guerra per lo impero d’Austria.

Della Italia il Piemonte, Genova e Corsica erano uniti alla Francia; e per la pace di Presburgo il regno italico fu accresciuto degli stati di Venezia, Istria e Dalmazia veneziana, isole venete, e Bocche di Cattaro; la Toscana, sebben governata con le antiche leggi di Leopoldo, serviva gl’interessi della Francia, perchè la nuova reggitrice teneva stato e nome di regina da Napoleone; il reame di Napoli, scacciatane la stirpe de’ Borboni, era dato ad un Bonaparte. Non restava di antico altro che Roma monca ed avvilita, Sicilia debole e minacciata.

XXXII. Mutazioni così grandi erano accadute nel 1806; e quell’anno, non ancora finito, altro gravissimo avvenimento turbò le attuali cose, minacciò la sicurezza dei nuovi stati, e per fino della Francia; essendo a Bonaparte necessità confidare la immensa mole dell’impero alle vittorie ed alla fortuna, La Prussia al primo di ottobre si levò a guerra contro la Francia collegandosi alla Inghilterra, poco innanzi simulata nemica; avendo in seconda linea l’esercito russo che a gran giornate andava in ajuto di lei, e sperando impegnare la casa d’Austria, nemica irreconciliabile della Francia. La Prussia per dodici anni era stata neutrale nelle guerre di Europa, aspettando maggior frutto dalla politica che dalle armi; ma serbando in cuore odio coperto contro i nuovi re ed i nuovi stati. La Francia dissimulava quello infingimento per attendere opportunità a vendicarlo. La confederazione del Reno pose fine agl’inganni, perocchè Ia Prussia temendo di mali estremi, e la Francia confidando nella sua possanza, si mossero a guerra.

Era nuovo l’esperimento. La memoria del gran Federigo combatteva per i Prussiani; così che nei campi di Jena, il giorno innanzi della battaglia, il re parlando all’esercito ricordava il gran nome e i gran fatti; e l’intrepido Bonaparte riguardando attentamente più dell’usato le mosse e l’arte delle schiere nemiche, parea quasi dubitasse dello scontro, ma vistolo appena, diceva: La Vittoria è per noi. Vinse a Jena, debellò molte fortezze, espugnò Berlino, scacciò il re e la famiglia in Könisberg, abbattè, disfece la potenza prussiana. Ma col continuo combattere, e col guardare