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LIBRO SESTO — 1806-7. 33

le soggiogate città scemava l’esercito francese; mentre la contraria parte raccoglieva i fuggitivi e i dispersi, chiamava nuovi soldati dalle province soggette, rifaceva gli ordini, rincoravasi; e l’oste moscovita passava la Narew, e parte di lei combatteva intorno a Varsavia: la fortuna dell’armi stava incerta. Nei quali turbamenti e pericoli vacillavano i nuovi stati, le moderne istituzioni non assodavano, la condizione di conquista si prolungava.

XXXIII. Così stando le cose di Europa nel finir dell’anno 1806, cominciò per noi più mesto il 1807; perciocchè le congiure contro il governo, ingrandite di numero e di forza, cagionavano opero inique, castighi acerbi, timori e pericoli; nè come per lo addietro ad uomini bassi de’ quali è soppresso il lamento, ma agli elevati per nobiltà e condizione. Il magistrato Vecchioni, consigliere di stato di Giuseppe, scoperto reo, fu confinato in Torino; Luigi La Giorgi, ricco e nobile, straziato morì in carcere; il duca Filomarino ebbe il capo mozzato; il marchese Palmieri, colonnello, fu appiccato alle forche; e mentre l’infelice saliva la scala del palco, si levò nel popolo voce di salvezza che generò tumulti infruttuosi a quel misero, ma esiziali ad altri, puniti con la morte pel vegnente giorno. Si tenevano prigioni il capitan generale Pignatelli, il principe Ruffo Spinoso, il maresciallo di campo Micheroux, i conti Bartolazzi e Gaetani; e donne patrizie Luisa de’ Medici, Matilde Calvez; e donne di onesta fama, preti e frati in gran numero; il vescovo di Sessa monsignor de Felice. I luoghi più chiusi e più sacri, come i claustri, davano ricetto a’ congiurati; e perciò furono viste monache professe uscir del vietato limitare, e sedere con abito religioso in pubblico giudizio sulla panca de’ rei.

In quel mezzo fu imprigionato Agostino Mosca, perchè sopra i monti di Gragnano, dove era atteso il re Giuseppe, stava in agguato ed armato per ucciderlo. Aveva in tasca una lettera della regina di Sicilia, scritta di suo pugno, instigatrice velatamente al delitto, ed altra più scoperta della marchesa Tranfo dama di lei: portava sul nudo del braccio destro una maniglia di capelli legati in oro, dono della stessa regina, fattogli, ei diceva, per mano del Canosa, ad impegno de’ promessi servigi. Convinto del tentato misfatto, fu condannato a morte, e giustiziato con orribili pompe nella piazza del mercato, in mezzo a popolo spaventato e muto.

Nè le congiure si limitavano alla città; ma nelle province; dove erano più libere per l’assenza o scarsezza delle forze del governo, diramando si spiegavano in aperti tumulti e brigantaggio. I mezzi di leggi non bastando per discoprire tante trame e reprimere tanti moti, la polizia insidiosamente mascherava da congiurati i suoi emissarii, contraffaceva lettere, corrispondeva sotto simulate forme son la regina di Sicilia e co’ più conti borbonici; ne indagava le

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