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66 LIBRO SETTIMO — 1809.

cito accampava sul poggio di Capodimonte. Nè vi era altra guerra se Gioacchino per mal pesato consiglio e per genio de’ combattimenti non avesse chiamata in Napoli da Gaeta, dove stava ancorata e sicura, la sua piccola armata, che di una fregata, una corvetta e trentotto barche cannoniere si componeva. Obbediente a comando salpò le ancore il capitano di fregata Bausan, e navigando nella notte parte attraversò dell’armata nemica, coperto meno dalle tenebre che dalla incredibile temerità della impresa. Spuntò presto il giorno: furono quei legni osservati perocchè andavano a bandiera spiegata, e subito molte navi nemiche si mossero, sicure della preda, combattendo dieci contro uno; ma la vittoria non fu certa, nè facile, nè allegra. Imperocchè i Napoletani, che (per aver soccorso dalle batterie della costa, e, nei casi estremi, rifugio in terra) radevano il lido, pervennero al mare di Miliscola, su l’arena del quale ergesi antica batteria di cannoni e mortari; ed ivi per due ore dalle due parti animosamente guerreggiando, otto delle nostre barche affondarono, cinque furono predate, diciotto tirate a terra, e, disposte a battaglia, immobili combattevano; le altre sette barche e i due legni maggiori, malamente danneggiati, presero asilo nel porto di Baja. Il nemico perdè due barche sommerse, un maggior leggn bruciato, e soffrì guasti e morti non poche.

La fregata e corvetta napoletana ristoravano in fretta i loro danni, mentre il nemico mutava gli sdruciti legni; ed in quel mezzo il capitano Bausan, vedendo che durava il comando del re, giovandosi del vento che per fortuna si alzò propizio, uscì dal porto con le due navi, e volse le prore a Napoli: le quali mosse parvero al nemico audacia non già ma stoltezza o fatalità di perdita estrema. Molti legni di varia grandezza assaltarono quei due che sempre combattendo navigavano sforzatamente; e alfine, superata la punta di terra detta di Posilipo, la guerra sino allora udita per romor di cannoni fu anche vista dalla città. Il re aveva assistito la mattina ai fatti di Miliscola, e nel tragitto del giorno erasi mostrato, come poteva, su le marine ad incorar gli equipaggi con l’aspetto e la voce; la regina e le sue figliuole andarono a passeggio nella strada di Chiaja incontro al combattimento, dove giunger potevano le nemiche offese: l’animoso esempio fu comando ai cortigiani, stimolo agl’impiegati, e subito l’imitarlo ambizione e moda alla moltitudine; sì che la strada, come a giorno di festa, s’ingomberò di genti e di carrozze. Calche più grandi erano in molti luoghi della città donde scoprivano il mare, e vedevano ad occhio nudo i danni e le morti sopra le due nostre navi; le quali avendo gli alberi maggiori rotti e rovesciati, spezzate le funi, forate in cento parti le vele, procedevano lentamente, come pompa funebre osservata e compianta dal popolo.