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voli all'arte indigena, fece si che questa inaridisse completamente1.

I fenici non ebbero, è vero, un'arte veramente propria. ma i quotidiani contatti coi popoli più civili li trasse ad imitarne le forme. E così le ceramiche di Tarros, di Sulcis e di Nora sono plasmate da artefici punici, che derivarono la loro arte e la loro tecnica dall'inesauribile sorgente orientale ed ellenica: la glittica egiziana adornò i fini lavori d'oreficeria con gli scarabei che in tanta copia si rinvennero negli scavi delle città puniche e di cui i mercanti fenici fornivano quei fiorenti scali.

La dominazione e l'influenza punica s'estesero rapidamente per tutta l'isola, irraggiando la sua civiltà, le sue costumanze, la sua arte dagli scali e dalle città fiorenti del litoraneo, cosichè, legala strettamente a Cartagine, essa fu partecipe alle titaniche lotte combattute fra questa città e Roma.

La colonizzazione e la penetrazione romana nell'isola furono oltremodo intense e furono facilitate da affinità di razza, per cui si può dire che lo spirito latino giunse nell'intimo dell'anima del popolo sardo.

  1. Pinza, Monumenti primitivi della Sardegna in Monumenti Antichi, pubblicati per cura della Reale Accademia dei Lincei, pag. 6. Il Taramelli, nel recente lavoro sulla questione nuragica (Arch. Stor. Sardo, III (1907) p. 217), ritiene che il carattere prevalentemente guerresco della schiatta sarda, l'accanimento delle lotte interne dapprima, poi con lo straniero invasore, abbiano nuociuto allo sviluppo artistico, che in gemme aveva la stessa disposizione che presso altre genti del Mediterraneo.